Il deserto del Nevada, il cielo blu e i colori saturi, un divano e un uomo che sembra fuori dal tempo e aver perso la voglia di vivere e di stare in contatto col mondo. Così comincia Tito e gli alieni, il film di Paola Randi con Valerio Mastandrea che uscirà nelle sale il 7 giugno e che noi abbiamo visto in anteprima. Tito e gli alieni non è un film di fantascienza come lo immagineremmo. È una favola bizzarra, lieve e intensa al tempo stesso. Pochi, pochissimi attori, il deserto del Nevada tra i protagonisti e una riflessione intensa su cosa voglia dire perdere qualcuno. Si sorride, ci si appassiona, ci si arrabbia e sì, magari si piange un pochino. A noi è piaciuto, e vi spieghiamo perchè vi consigliamo di andarlo a vedere

tito e gli alieni film

Perchè andare a vedere Tito e gli alieni, la nostra recensione

Non vi racconterò molto della trama. Tito e gli alieni è la storia di una serie di persone con un elemento in comune: il dover fare i conti con una mancanza. Il professore ha perso la moglie e insieme a lei la voglia di vivere e di esplorare l’universo. Vive un’esistenza sospesa in quel non luogo che è il deserto del Nevada ai confini con l’area 51. Anita e Tito, 16 e 7 anni sono i nipoti napoletani veraci del professore. Soli al mondo, la mamma è morta tempo prima, il papà prima di morire li affida al fratello, sbarcano in America. Anita, quasi anestetizzata rispetto al lutto, ci arriva sperando di poter trovare l’America dello showbiz, Tito con un’unica idea fissa: parlare con suo padre.

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Una adolescente e un bambino irrompono nel mondo addormentato del professore, ognuno con le sue aspettative e pretese. Ognuno con un’idea ben chiara in testa. Nessuno dei due si piange addosso, ed è questa la differenza con lo zio. Nessuno dei due si lascia soccombere dal proprio dolore. Entrambi continuano a tenere desto il desiderio che li spinge a vivere: quello di divertirsi dell’adolescente, quello di mantenere il contatto con il padre del bambino.

Tito e gli alieni mi è piaciuto per questo, perchè le figure dei due protagonisti sono vere. Adolescenti e bambini sono così, e sono portatori di speranza. Per lo zio sono come una tempesta. «Un imprevisto è la sola speranza», diceva Montale. Anita e Tito sono per il professore imprevisto e speranza al tempo stesso. Starà a lui riconoscerlo e reagire.

Non vado oltre. Il film è poetico e delicato. Non è un film per bambini, non lo capirebbero fino in fondo anche se, ne sono sicura, si immedesimerebbero in Tito e nella sua caparbietà. È un film per noi adulti, per capire che l’antidoto a una vita anestetizzata è proprio lì davanti a noi. Sono i nostri bimbi.

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