Questa settimana penso di aver vissuto l’esperienza più trash della mia vita.  In senso metaforico, ma soprattutto letterale.
La sorella di Marta (10 mesi), Matilde (5 anni) soffre spesso di tonsillite, ergo il mio karma deve ancora purificarsi, ergo mi tocca tenere due bambine per 8 ore.
Il buongiorno si vede dal mattino e, quando la mamma delle piccole mi apre la porta e dice “sorpresa!”, o ha un senso dell’umorismo discutibile, o ha scelto male la parola d’ordine che mi farà accedere a quanto di più lontano dalla festa di Eyes Wide Shut.  Capisco che avrò anche Matilde da tenere per l’intera giornata allo stesso compenso e mi vedo già come la povera Maria Antonietta prima della ghigliottina: coi capelli bianchi. Lo slogan “two is megl che one” in questo caso è da abolire.
Il problema è che Matilde, come dice la sua mamma “ha troppa energia cosmica dentro di se'”, tradotto in linguaggio tatesco è solo troppo troppo viziata ed è gelosa della sorellina, a cui fa dispetti per tutto il tempo.
La povera tata, me medesima, è costretta a richiamarla all’ordine con gentilezza, e a consolare Marta che piange disperata. Otto ore così. Potrebbe andare peggio? Pensavo di no ed invece mi sbagliavo.

L’altro giorno, visto che c’era bel tempo e Matilde non aveva la febbre, ho deciso di portarle al parco, dove ci sono scivoli, altalene e altri giochi, ma nel bel mezzo del sentiero che portava all’area bimbi, c’era un topo morto. Matilde si è subito intenerita “povero topolino”. Non importa se era una pantegana ed era grande come
il mio cane. Lo commemoriamo un attimo e ci allontaniamo. Poi Matilde si gira a rimirarlo un’altra
volta e…vede una cornacchia che sta banchettando in allegria con il “topolino”.Urla, pianti. Insomma, aveva deciso di vegliare sul corpo del topo per impedire alla cornacchia di mangiarselo.
A nulla sono servite le mia spiegazioni leopardiane sulla natura matrigna, Piero Angela, che ho invocato più volte, con la catena alimentare, né le promesse di ovetti Kinder e di Violetta. L’unica possibilità per farla spostare-ragionare, mi ha detto, era seppellire il topo.

Non scherziamo, non ero armata di paletta o altro per seppellire la pantegana, cosa potevo fare?
Se l’intento era sottratte il pasto luculliano alla rapace “cra cra”, bastava far sparire il topo nel cestino dell’immondizia più vicino. Facile a dirsi, ma non a farsi. Ma Matilde aveva accettato il compromesso.
E così, presa dalla disperazione, visto che le sue urla acute, avevano fatto emigrare tutti gli uccelli e altri animali presenti nel parco, ho preso un fazzoletto di carta con su Peppa Pig (persino lei grugnendo mi ha supplicato di non farlo), che non è proprio lo scafandro che avrei voluto indossare, mi sono chinata, ho preso per la coda “il topolino”, che pesava minimo tre chili” e l’ho gettato con cura, salutandolo, nel cestino dei rifiuti.

Matilde si è subito calmata e come se niente fosse è corsa verso gli scivoli.
Io pensavo solo a non toccarmi e a non toccare le bambine con la mano contaminata. Sto continuando a lavarla con cura con tutti i disinfettanti in commercio.