Fareste dormire vostro figlio con un fucile carico sotto il cuscino?

Non credo! Ecco perché trovo assurdo che un genitore non si preoccupi di cosa veda (tipo Squid Game) o faccia suo figlio o figlia, attraverso smartphone, tablet e pc (e circoscrivo l’argomento ai minorenni anche se la tutela e la responsabilità parentale non si esaurisce certo con la maggiore età) … ma da qualche parte dobbiamo pur cominciare.

La tecnologia è una risorsa straordinaria. Non va demonizzata per definizione. Il discorso va piuttosto spostato sui contenuti e le situazioni a cui un minorenne può essere esposto e in contatto tramite essa. 

Se esistono programmi, siti, social network vietati ai minori di 14 anni è per tutelare questi soggetti.

Proteggerli da contenuti che non possono ancora comprendere pienamente. 

Di cosa parla Squid Game?

In questi giorni si parla molto di Squid Game la serie tv più vista in assoluto su Netflix e che ha battuto ogni record.

Questo telefilm coreano è figo (l’ho visto) ma non nasce per essere mostrato ai bambini.

Guardiamolo prima noi e poi parliamone con i nostri bambini per fargli capire perché loro non devono vederlo. 

Il protagonista di Squid Game è un uomo separato dalla moglie, allontanato dalla figlia, che non ha prospettive. Scoprendo che la moglie e la figlia lo vogliono abbandonare accetta la proposta di uno sconosciuto di partecipare a un gioco misterioso. Si trova quindi coinvolto in una sfida che coinvolge altre centinaia di persone disperate come lui che sono disposte a rischiare la vita per poter vincere ben 34 milioni di euro. 

Si gioca e chi perde muore. 

Perché un bambino non dovrebbe guardare Squid Game

Dietro Squid Game c’è la volontà di denunciare le diseguaglianze sociali che in Corea del Sud stanno mettendo in difficoltà molte persone: i ricchi che possono tutto sui poveri.

Ma questo non viene detto mai nella serie. Fa parte dei discorsi dei critici e degli appassionati.

Un bambino vede e capisce altro. Non ha la la capacità di elaborare le immagini e i messaggi e di saperli interpretare. 

In questa funzione, i genitori dovrebbero essere protagonisti nell’accompagnare e suggerire ai propri figli contenuti appropriati all’età e allo sviluppo sociocognitivo dei propri bambini. 

E non voglio bacchettare nessuno. Non risponderò a chi mi dice: “Tu non hai figli non puoi capire”.

Capisco eccome. I valori vanno trasmessi. Nella mia famiglia questo ho imparato e così mi comporto.

Noi adulti dobbiamo parlare con i bambini. Ascoltarli. Essere esempio con i nostri comportamenti. 

I figli sono del mondo, non solo di chi li partorisce e genera. Guardano, scoprono, vivono in una comunità. Dobbiamo prepararli per arrivare a certi contenuti.

Non li possiamo lasciare da soli. Mai. Anche quando questo significa andare controcorrente.

Un genitore non può deresponsabilizzarsi e dire che il problema è sempre degli altri.

La società siamo noi. Il cambiamento comincia da me.

Non esistono serie, libri, film, contenuti da censurare ma alcuni necessitano di una esperienza e di una comprensione che i più piccoli ancora non hanno. 

Nessun tribunale dell’Inquisizione, solo buonsenso. 

Sempre più raro.

squid game

Il parere di Alberto Pellai su Squid Game

Mi dispiace che anche il famoso psicoterapeuta e autore specializzato in bambini e adolescenti Alberto Pellai (autore tra l’altro del libro Vietato ai minori di 14 anni) sia stato attaccato per aver espresso il suo parere sulla serie. 

A lui è stata mossa soprattutto l’accusa di non averla vista e di averla giudicata. Ma non credo che tutti dobbiamo provare la cocaina per capire che fa male. 

Queste le parole che il medico ha espresso sulla sua pagina Facebook:

Io non l’ho vista. Quindi sto parlando di qualcosa che non conosco, ma di cui ho letto molto.
So che la serie è incentrata su adulti coinvolti in un torneo di giochi tipici dell’infanzia, per cui riceveranno cospicui premi in denaro. Però se vengono sconfitti, saranno uccisi. La serie è sconsigliata a chi ha meno di 14 anni, ma l’evidenza di moltissimi docenti ed educatori è che sia entrata nelle preferenze e nelle scelte di visione di molti bambini e bambine, ragazzi e ragazze preadolescenti. La violenza della serie è anche graficamente molto “spinta” ed esplicita: quando si viene uccisi, schizza sangue dappertutto. Gli insegnanti dicono che i bambini ci ridono su e si tranquillizzano vicendevolmente dicendosi “tanto non è sangue vero, è sugo di pomodoro”. In molti hanno chiesto che io commentassi tutto ciò.
Non posso che riprendere ogni singolo concetto espresso nel nostro libro “Vietato ai minori di 14 anni” (De Agostini ed.): quando sei bambino/a o preadolescente la tua mente non è in grado di gestire la complessità di alcune esperienze a cui puoi avere accesso, ma per cui non possiedi competenze emotive-cognitive di rielaborazione e integrazione dentro di te. E’ qualcosa di cui noi genitori dobbiamo essere assolutamente consapevoli. Altrimenti nella vita dei nostri figli entra il peggio e nella loro mente, dimensioni ed esperienze che hanno significati e risvolti emotivi enormi (la vita e la morte lo sono; la violenza fine a se stessa lo è; il gioco che si trasforma in esperienza per vincere soldi o per subire la morte lo è) si depositano in modo caotico e disorganizzato. Potendosi anche trasformare in esperienze traumatizzanti, ovvero che il soggetto non riesce a gestire nella propria psiche. E perciò ne rimane disturbato e impattato. Bambini che guardano “Squid game” e poi ne simulano le azioni nel loro gioco durante l’intervallo scolastico forse stanno semplicemente imitando ciò che hanno visto. O forse ci stanno comunicando che dentro di loro è entrato “qualcosa” che devono buttare fuori, perché non sanno dove metterlo. Il gioco è il loro modo per tentare di farlo. Ma il gioco non fa miracoli e certe cose possono “tatuarsi” nella loro mente e da lì non uscire più. Come psicoterapeuta, rimango tuttora colpito da quanti pazienti adulti mi hanno raccontato di non aver mai superato la traumatizzazione conseguente a certi film dell’orrore visti da bambini o adolescenti; primo fra tutti ”L’Esorcista”. La problematicità sta nel fatto che certi contenuti non vengono “metabolizzati” quando la mente non ha le competenze per riuscire a farlo. E la mente dei bambini e dei preadolescenti non è in grado di metabolizzare i contenuti di una serie come “Squid game”. Anche se non l’ho vista, per tutto ciò che ho letto di questa serie e per il mestiere che faccio questa cosa la posso affermare con certezza.
“Vietato ai minori di 14 anni” non è un messaggio che reprime la crescita: in casi come questi la protegge, la sostiene e la promuove. E forse noi adulti dovremmo smetterla di affermare “ a priori” che è “vietato vietare”, la cosa più frequente che mi sono sentito dire in quest’ultimo mese, dopo che è uscito il nostro libro che ha osato mettere questo verbo nel titolo. Dovremmo fare una lunga riflessione su quanto è tossico l’ambiente in cui stanno crescendo i nostri figli, ma soprattutto su quanto siamo diventati fragili noi adulti nel fare il nostro mestiere di adulti. Adulti con la A maiuscola non permettono ai bambini di vedere “Squid game”. E in una società civile si dovrebbe fare di tutto perché ciò non avvenga. Altrimenti l’unica cosa che succede è che qualche adulto ci pensa su solo dopo aver letto un post come questo su un social network. Che è appunto un singolo post in mezzo a migliaia di altri post, che nello stesso social network, celebrano ed esaltano questa serie tv. Leggete e fate leggere questo messaggio ad altri genitori, se lo ritenete opportuno.