In alcuni centri pediatrici italiani è stato recentemente osservato che, in una percentuale non trascurabile di casi, la malattia di Kawasaki si è presentata con un quadro clinico atipico che ha richiesto trattamenti aggressivi e, non raramente, il ricovero in terapia intensiva. Il rapido aumento ha subito sollevato il sospetto di un legame con il COVID-19 (non ancora documentato): in effetti una quota di questi bambini con malattia di Kawasaki presentava un tampone positivo per il COVID-19 o aveva avuto contatti con individui affetti. Alcuni bambini, inoltre, malgrado il tampone negativo, sono risultati positivi ai test sierologici per il Coronavirus.

Cos’è la malattia di Kawasaki?

Descritta nel 1967, la malattia di Kawasaki è una malattia rara (sono riportati 250-400 casi all’anno). Si tratta di una vasculite (infiammazione dei vasi sanguigni) che interessa soltanto l’età pediatrica e colpisce in particolare i bambini al di sotto dei 5 anni e spesso i lattanti.

Come si contrae?

Da tempo si era ipotizzata una causa infettiva che però non è mai finora dimostrata.

Sintomi della malattia di Kawasaki

La malattia di Kawasaki si manifesta con questa sintomatologia:

  • febbre elevata
  • eruzione cutanea morbilliforme
  • ingrossamento con dolenzia dei linfonodi del collo
  • congiuntivite
  • fissurazione delle labbra
  • gonfiore delle estremità.

Possibili complicanze

La complicazione principale della malattia di Kawasaki è rappresentata dalla comparsa di aneurismi (dilatazioni) nelle arterie coronarie che, quando persistenti e di grandi dimensioni, possono esporre all’insorgenza di infarto del miocardio in età giovane adulta. Altre complicazioni temibili sono aritmie cardiache e miocardite acuta. La malattia di Kawasaki potrebbe essere assimilata a una tempesta infiammatoria nel bambino analoga a quella che nell’adulto conduce alla polmonite.

Come si cura la sindrome di Kawasaki?

La terapia si basa sulla somministrazione di immunoglobuline endovena a dosaggio elevato. È stato dimostrato che l’esecuzione di questo trattamento entro i primi 10 giorni di malattia riduce la frequenza di aneurismi coronarici dal 25% nei casi non trattati al 4-6%. Si impiega, in via eccezionale, anche l’acido acetilsalicilico, che viene somministrato per 2 mesi con l’obiettivo di prevenire la formazione di trombi. Naturalmente la precocità del riconoscimento è essenziale per intraprendere subito la cura.

Qual è il legame con il nuovo Coronavirus?

Non è chiaro se il COVID-19 sia direttamente coinvolto nei casi recenti di malattia di Kawasaki o se questi ultimi rappresentino una patologia con caratteristiche simili a quelle della malattia di Kawasaki dovuta però all’infezione da Coronavirus. L’elevata incidenza di queste forme in aree con elevata diffusione dell’infezione da COVID-19 e l’associazione con la positività dei tamponi o dei test sierologici suggerisce che l’associazione non sia casuale. È stato perciò attivato un gruppo di studio che si propone di approfondire le manifestazioni cliniche e indagare il possibile ruolo causale del COVID-19.

Cosa possono fare i genitori?

Come per tutte le malattie, una diagnosi tempestiva è fondamentale. Pertanto i genitori non devono sottovalutare i sintomi descritti, in particolare se persiste per oltre 5 giorni una febbre superiore ai 38,5 °C e refrattaria agli antipiretici.