Uno studio pubblicato sul Journal of Neuroscience ha rilevato che la pratica e l’esercizio (per imparare a leggere, per studiare le tabelline, per suonare uno strumento, nello sport) non sono così indispensabili come si credeva. Infatti, dovendo riprodurre una sequenza di suoni abbastanza complicata, è stato dimostrato che coloro che avevano la possibilità di ascoltare, oltre che di esercitarsi, ottenevano lo stesso miglioramento rispetto a coloro che si limitavano ad esercitarsi.

L’ascolto passivo, quindi, si è rivelato essere di pari importanza rispetto all’esercizio. Questo non significa ovviamente che ascoltando soltanto si diventi grandi musicisti, ma implica che si possano ottenere dei buoni risultati  nell’apprendimento con un minore sforzo.

Andrew Sabin, uno dei coautori dello studio,  afferma che una pratica di venti minuti, che si accompagna a venti minuti di esposizione a determinati stimoli equivale, in termini di rendimento, a quaranti minuti di pratica, che tuttavia è molto più impegnativa.

La noia nella ripetizione di determinati esercizi, che spesso per i bambini è uno scoglio per l’apprendimento, si può quindi ridurre attraverso la semplice esposizione agli stimoli di attività che si desidera che i nostri figli imparino. Questo discorso vale non solo per l’apprendimento scolastico, ma anche per chi vuole imparare a suonare uno strumento o a praticare un nuovo sport. Ascoltando, e osservando, in maniera inconsapevole il nostro cervello immagazzina informazioni utili, se non addirittura indispensabili.

Niente di nuovo emerge da questo studio, insomma, né di rivoluzionario. E’ bello però per me avere la conferma di qualcosa che comunque già sentivo:  che con uno sforzo minore  si può in ogni caso imparare molto.

Immagine: www.wired.com