Il mal di testa in Italia colpisce circa 10 bambini su 100.  E’ quanto risulta da un’indagine effettuata dai pediatri della Società Italiana di Pediatria (SIP).

Come registrato dall’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù  in particolare in questa stagione, tra marzo e giugno aumenta la frequenza degli attacchi di cefalea e un incremento delle visite del 15% rispetto ai mesi precedenti.

Quali possono essere le cause che provocano il crescere dell’incidenza del mal di testa in primavera? E quali quelle che lo rendono un malessere così frequente nei bambini?

Le cause

L’emicrania è la malattia neurologica genetica più diffusa tra i piccoli.

Il suo sintomo più conosciuto, la cefalea o mal di testa proprio durante la primavera risente di alcuni cambiamenti:

  • sbalzi termici importanti e repentini nell’arco della stessa giornata o da un giorno all’altro;
  • l’alternanza sole/pioggia ;
  • le modificazioni del ritmo sonno/veglia;
  • impegno scolastico in vista delle prove di fine anno (esami, giudizio finale) che sottopone a uno stress maggiore i bambini in età scolare.

Non tutti i mal di testa sono uguali

I mal di testa non sono tutti uguali. Neanche in età pediatrica.

La prima importante distinzione da fare è quella tra:

  • cefalee primarie: legate a una predisposizione genetica;
  • cefalee secondarie: il mal di testa è il sintomo di una malattia che deve essere identificata e curata.

Come sottolinea Massimiliano Valeriani, responsabile del Centro Cefalee del Bambino Gesù :

In caso di cefalee ricorrenti la prima cosa da fare  è rivolgersi al pediatra di famiglia per provare a capire se il mal di testa è espressione di emicrania (è così nel 60% dei casi), o sintomo di altre malattie come le infezioni delle vie aeree o di patologie cerebrali potenzialmente serie. Il secondo passo è contattare un Centro specializzato.

Le cefalee primarie

L’emicrania

L’emicrania rappresenta la più frequente cefalea primaria del bambino, almeno fino all’adolescenza.

È tipicamente dovuta ad una predisposizione genetica, testimoniata spesso dalla presenza di altri casi di emicrania nella famiglia di appartenenza. Può manifestarsi a qualsiasi età, persino nei primi mesi di vita, anche se di solito i sintomi nella prima infanzia non includono il mal di testa.

Sintomi nel bambino piccolo

Il bambino piccolo avverte sintomi definiti come equivalenti emicranici che comprendono:
– il vomito ciclico;
– i dolori addominali ricorrenti;
– le vertigini parossistiche benigne;
– il torcicollo parossistico;
– i dolori ricorrenti agli arti inferiori (comunemente noti come “dolori di crescita”);
– il mal d’auto.

Sintomi nel bambino più grande

Il bambino più grande, invece, avverte in maniera dominante il mal di testa, generalmente di intensità medio-forte e di breve durata (anche 5-10 minuti). In alcuni casi il dolore interessa metà del capo ed è pulsante -spesso i bambini dicono di sentire il cuore in testa.

Vi può essere poi la presenza di sintomi di accompagnamento, come:
– il fastidio per la luce (fotofobia);
– il fastidio per i rumori (fonofobia);
– il fastidio per gli odori (osmofobia):
E, ancora, nausea, vomito, dolori addominali e pallore. Inoltre, durante l’attacco emicranico il bambino appare particolarmente abbattuto, a volte sonnolento, e può accadere che egli interrompa le sue attività.

Emicrania con aura

Nella forma di emicrania con aura, molto più rara rispetto alla comune emicrania senza aura- il mal di testa è preceduto, o accompagnato, da veri e propri sintomi neurologici:
– disturbo della vista (visione di luci, offuscamento della vista, perdita transitoria di parte del campo visivo);
– formicolii e riduzione della sensibilità di un arto o di metà del corpo;
– difficoltà a muovere un arto o metà del corpo;
– disturbo del linguaggio.

Cefalea tensiva

La cefalea tensiva colpisce per lo più nel periodo adolescenziale. In questo caso il dolore è generalmente di intensità medio-lieve, bilaterale e costrittivo -come una morsa- ed è solo eccezionalmente associato a fonofobia, fotofobia e nausea. L’adolescente sembra in grado di proseguire le sue attività.

Cefalea a grappolo

La cefalea a grappolo è un terzo tipo di cefalea primaria, molto raro in età pediatrica. Si tratta di un mal di testa che si manifesta con episodi di dolore estremamente intenso, della durata di circa 30 minuti, a carico di una regione orbitaria. Spesso si associa a nausea, vomito, fonofobia e fotofobia, lacrimazione intensa, arrossamento congiuntivale, abbassamento della palpebra (ptosi) e ostruzione nasale. In questi bambini il dolore tende a ripetersi con notevole regolarità quotidianamente, alla stessa ora (specie di notte), per un periodo generalmente variabile fra i 15 e i 30 giorni.

Mal_di_testa

Cura cefalee primarie

Nel caso delle cefalee primarie ci sono notevoli possibilità terapeutiche. A questo proposito, è estremamente importante premettere che qualsiasi scelta terapeutica venga studiata dietro controllo medico, perché l’automedicazione, sconsigliabile nell’adulto, può essere pericolosa nel bambino.

Esistono due tipi di terapia delle cefalee primarie:
terapia dell’attacco;
terapia di profilassi.

Terapia dell’attacco

La terapia dell’attacco consiste nell’utilizzare tutti i mezzi, inclusi quelli farmacologici, per ridurre il dolore provato dal bambino. È importante eliminare il dolore sia da un punto di vista etico, sia perché il dolore non trattato tende a ripetersi e, quindi, a diventare cronico.

Terapia di profilassi

A giudizio del pediatra o dello specialista del centro cefalee, la terapia di profilassi -che può essere o meno di tipo farmacologico- è indicata quando la frequenza e l’intensità dei mal di testa siano tali da interferire con le attività quotidiane del bambino. Una buona terapia di profilassi personalizzata consente al piccolo paziente e alla sua famiglia di migliorare le condizioni di vita, dal rendimento scolastico alla ripresa dell’attività sportiva.

Cura cefalee secondarie

Per le cefalee secondarie, la terapia deve essere indirizzata verso la causa del mal di testa (per esempio, un trattamento farmacologico per una sinusite).

Fonte: Ospedale Pediatrico Bambino Gesù – Roma