Quest’anno il mio bambino ha iniziato la scuola. Tantissima l’eccitazione e grandi le aspettative per lui, molta la trepidazione per me. Mi ripetevo che non mi dovevo preoccupare, perché tutto sarebbe andato  bene: il mio piccolo avrebbe trovato nuovi amici e non ci sarebbero stati drammi. Ci speravo soprattutto perché si era ormai abituato all’asilo e, quando aveva cominciato ad andarci, non aveva fatto scene, né aveva avuto problemi di alcun genere.

E infatti a scuola tutto è andato bene per i primi due mesi: il mio bambino era entusiasta dei nuovi compagni, che aveva ribattezzato “i miei migliori amici”. A volte mi meraviglio dell’ingenuità dei bambini, ma altre volte li invidio per quella loro capacità di vedere ovunque il bello e il buono… Poi, si dava tantissime arie nell’uniforme di scuola e ripeteva: “adesso sono un bambino grande!”

I primi segni del disagio

E così, ancora una volta mi ero illusa di averla fatta franca. Mi ero raccontata che ci era andata bene e, distratta da questa chimera,  nel frattempo non vedevo i segni di disagio che mio figlio stava dando. Piccole cose: un capriccio in più del solito e io che mi dicevo: “sara’ stanco”, un rifiuto di mangiare e io pensavo: “non avrà fame o  forse non sta tanto bene” e via con le giustificazioni ad oltranza.

Ma lo stato di grazia e poi la luna di miele con i nuovi compagni-amici e con la giovane maestra bionda sono svaniti nel nulla, spazzati via dalla dura realtà e si è scatenato “il marasma più totale”, come diceva il mio amico Pier.

L’uniforme, che fino a pochi giorni prima era stata motivo di orgoglio, era diventata odiosa per via di quella camicina piena di bottoncini, molto difficili da allacciare da piccole manine inesperte. Per non parlare del fatto che non c’era più a disposizione una maestra ogni tre bambini come all’asilo Montessori (scelta che consiglio vivamente per un bambino adottato che ha bisogno di stimoli e attenzioni), ma solo due maestre per quasi trenta bambini.

I motivi del disagio

Il mio principino si è accorto con suo grande rammarico di non essere più il centro del mondo della maestra, ma di essere diventato  uno dei tanti e si deve essere sentito uno qualunque, poco importante. Questo è stato sicuramente uno shock per lui e credo che proprio questo possa aver fatto riaffiorare il dolore del neonato trascurato dai genitori naturali, quella devastante sensazione di sentirsi poco importante, trascurabile.

Poi è iniziato il concerto dei capriccioni con lancio di oggetti, piedi picchiati per terra, urla in faccia alla maestra (non sempre la mamma, eh!) e soprattutto il sistematico e categorico rifiuto di vestirsi al mattino. Per un bambino che ha imparato a vestirsi da solo a tre anni questo è stato un grave passo indietro. Certo, non si vestiva benissimo, ovviamente, era tutto disordinato e spesso con il maglione al contrario, le calze spaiate e la maglietta fuori dai pantaloni, ma per un bimbo così piccolo era un grande traguardo, un segno di indipendenza e di autodeterminazione e poi io ero sempre lì pronta a riordinarlo in un minuto.

Per un po’ l’ho assecondato, poi l’ho sgridato e infine l’ho lasciato perdere mentre io mi preparavo, ma il risultato era sempre quello: passava tutto il tempo a ballare seminudo nella sua stanza e si infuriava quando, dopo averlo vestito io (vergogna!), lo caricavo in macchina e lo portavo a scuola.

Un giorno gli ho finalmente chiesto se gli piacesse andare scuola e la sua risposta: “no, voglio stare a casa con te” mi ha spiegato molte cose. Ma che fare? Come risolvere il problema?  A scuola il pargolo ci deve andare e basta, non è una scelta personale.

A volte, basta un gioco…

Pensa che ti ripensa, ho inventato un gioco che lo aiutasse a esprimere i suoi sentimenti e a trasferirli su un oggetto inanimato, se necessario. Abbiamo preso tre dei suoi peluche, i suoi preferiti, e abbiamo loro spiegato che il mio bambino al mattino va a scuola e che per questo li lascia a casa. Non per questo però li abbandona, perché ritorna ogni sera a prendersi cura e a passare del tempo con loro. I peluche non hanno neanche fiatato o provato a protestare… carini. Poi, abbiamo giocato alla scuola: io ed i tre peluche di prima eravamo gli alunni e mio figlio il maestro e ci siamo molto divertiti. Abbiamo coinvolto tutti i suoi peluche – una ventina – e perciò c’erano tanti studenti ma sempre un solo maestro. In questo modo, il mio bambino ha potuto capire che è difficile per il maestro curarsi da solo di tanti bambini e che questo è causato dalla mancanza di tempo e non da una mancanza di amore e attenzione verso i bambini, che per il maestro sono molto importanti.

Sembra avere funzionato: da dopo Natale le cose sono molto migliorate. Siamo a metà marzo, speriamo che continui così…