Il più celebre pedagogista italiano ci spiega perché il nostro sistema troppo spesso preferisce la terapia all’educazione. E ci mostra come ridare ai bambini la scuola, e la società, di cui hanno bisogno. 

Intervista a Daniele Novara

Negli ultimi anni stiamo assistendo a un picco di diagnosi di DSA fra i bambini delle scuole elementari, sono davvero aumentati i disturbi di apprendimento oppure ci può essere una lettura diversa dei dati?

I disturbi dell’apprendimento hanno un’incidenza sulla popolazione che ha stime scientifiche precise e che si attesta su percentuali basse, attorno al 3/5% a seconda del disturbo. Attualmente il boom di certificazioni a cui assistiamo le supera ampiamente: già solo questo dovrebbe farci riflettere sul fatto che qualcosa nei numeri non torna. Per non parlare poi della disparità inspiegabili di percentuali che si rilevano tra popolazioni scolastiche di contesti omogenei (addirittura all’interno di una stessa regione), o tra maschi e femmine. Le difficoltà dell’apprendimento sono sempre esistite, ma oggi genitori e insegnanti preferiscono delegare all’ambito medico-psichiatrico sovrapponendo e confondendo quelli che sono davvero disturbi specifici e quelle che sono più genericamente difficoltà di varia natura, spostando il problema sui bambini.

Invece di riconoscere e affrontare le difficoltà dell’infanzia assumendo ciascuno le proprie responsabilità educative o didattiche, si preferisce etichettare. È un vero e proprio attentato all’infanzia.

Cosa può/deve fare un genitore quando si accorge che suo figlio ha delle difficoltà a scuola, o quando gli insegnanti segnalano un problema specifico?

La prima cosa che un genitore può fare è analizzare le proprie scelte educative in modo da capire se non ci siano complicazioni, ad esempio nell’eccesso di videoschermi, nell’assenza di sonno, nella permanenza nel lettone fuori tempo massimo. Insomma prima di pensare “la peggio” occorre analizzare l’educazione che si dà ai figli.

Parliamo delle famose certificazioni e di come si possano trasformare in un’arma a doppio taglio per il bambino.

A scuola, le certificazioni di DSA danno “diritto” a un PDP, un Piano Didattico Personalizzato, che garantisce allo studente di poter utilizzare strumenti dispensativi e compensativi, di poter essere valutato in modo differenziato, e in caso, invece, di certificazione di disabilità, di poter avere un insegnante di sostegno. Peccato che la certificazione e il PDP spesso si trasformano in uno stigma per lo studente, che viene considerato e gestito come il “diverso” all’interno del gruppo classe e spesso fatica a strutturare un’adeguata consapevolezza e autostima. Per di più il PDP, che andrebbe seriamente impostato in base alle caratteristiche cognitive e alle necessità effettive del bambino o del ragazzo, e che dovrebbe essere l’elemento di coesione tra famiglia e scuola, si risolve in un mix di misure generiche e a volte poco centrate e viene brandito alternativamente da genitori e docenti per una rivalsa reciproca. E i bambini stanno in mezzo.

In che senso l’educazione può sostituirsi alla eccessiva medicalizzazione nella cura delle presunte patologie neuroemotive?

Il cervello infantile è estremamente plastico e ormai sappiamo che anche quello adolescenziale continua la sua evoluzione e sviluppo quasi oltre i 20 anni. Il tempo per lavorare c’è: stimolare, potenziare, rispettare, accompagnare il processo di sviluppo può dare risultati sorprendenti. Una valutazione cognitiva fotografa un momento, ma l’apprendimento è un processo complesso in cui entrano in gioco numerosi fattori come l’organizzazione, le emozioni, la motivazione e così via. Un bambino o un ragazzo che non dormono abbastanza non potranno necessariamente dimostrare in ambito scolastico un rendimento adeguato alle proprie capacità: ecco un modo in cui l’organizzazione educativa influisce pesantemente sulle facoltà cognitive.

Perché è importante che i genitori tornino a scuola?

I genitori di oggi vivono un’epoca decisamente complessa ma ricca di possibilità di cambiamento. Non possono rifugiarsi dietro al principio di autorità che non regge più; si sono distanziati dagli approcci educativi coercitivi e poco affettivi delle generazioni precedenti; ma hanno anche perso un sapere sull’infanzia, sulle sue tappe e le sue caratteristiche, sul quale necessariamente devono fondarsi le scelte educative. I padri e le madri di oggi hanno bisogno di tornare in scuole a loro dedicate per recuperare quel sapere, e aggiornarlo con le più recenti scoperte scientifiche sui processi evolutivi e neurobiologici dell’infanzia. E per condividere e sviluppare quella coesione delle figure adulte che è alla base di ogni successo educativo. Aiutare un bambino o un ragazzo a diventare grande non è qualcosa che si improvvisa, va organizzato. Insieme.

Scuola Genitori: un ciclo di incontri a Milano

Riprende il 23 ottobre a Milano l’appuntamento con la Scuola Genitori del CPP (Centro PsicoPedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti). Durante questo primo incontro, Daniele Novara presenterà il suo nuovo libro: Non è colpa dei bambini e spiegherà come evitare l’eccesso di medicalizzazione nella crescita emotiva e cognitiva dei figli.

Gli incontri della Scuola Genitori servono da orientamento. L’obiettivo è quello di individuare strategie efficaci e sentirci – anche noi genitori – più sicuri e responsabili.

Il 23 ottobre a Milano, alle 20.45 il primo incontro, come sempre presso l’Auditorium Don Bosco, in via Melchiorre Gioia 48. La partecipazione è libera e gratuita.

Per info: scuola.genitori@cppp.it   0523-498594

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