Sentirsi “up” o “down” non riguarda solo noi stessi, ma il modo in cui abbiamo costruito la nostra relazione col mondo.
Può la lente della positività cambiare il nostro modo di vivere insieme?

L’autostima è l’indice di come noi ci sentiamo. Sembra un costrutto esclusivamente personale, invece, come ho scritto altre volte, si basa sulla relazione e si costruisce in un rapporto con gli altri.

L’autostima, in termini molto semplici, si basa sul confronto con gli altri.
La sua struttura è polarizzata (significa che oscilla tra due estremi di cui uno è l’opposto dell’altro): da un lato c’è “l’essere meglio di”, all’opposto c’è l'”essere peggio di”.

Nel mezzo c’è, tendenzialmente, una condizione sana ed equilibrata, anche se la salute come ben immaginiamo passa attraverso la capiacità di essere flessibili e non attraverso una condizione che rimane immutata nel tempo.

Per dirla in modo estremamente semplice, quando il mondo non soddisfa le nostre esigenze abbiamo diversi modi di reagire. Possiamo andare sul versante della scarsa autostima, oppure sul versante narcisistico del “chi non mi vuole non mi merita”.

Spesso erroneamente si ritiene che l’autostima riguardi più il comportamento che le emozioni, che riguardi le nostre azioni, come agiamo nei confronti degli altri. Il fatto è, al contrario, che l’autostima riguarda dei vissuti molto importanti, che richiedono impegno, attenzione e “manutenzione”.

Prendersi cura della propria crescita, del proprio sviluppo, è un investimento sulla propria salute che porta ad apprezzare le qualità migliori, senza dimenticare di migliorare quelle peggiori.

E questa è la parte difficile. Questo meccanismo che sembra tanto logico a leggerlo in queste righe, non funziona sempre così: in molti casi la gente si preoccupa soltanto o di ciò che sa fare bene, o di quello che non sa fare. E tante volte persone con scarsa autostima operano uno split tra l’uno e l’altro senza mezze misure.

E adesso vi farò notare una cosa.
Quando siamo amorevoli, compassionevoli con il nostro prossimo, noi ci prendiamo cura del nostro benessere, ci sentiamo meglio, e non è un modo di dire che fare del bene fa bene prima a noi stessi.

Quando svalutiamo qualcuno, o compiamo degli atti intenzionalmente cattivi, il nostro benessere si deteriora, la nostra crescita viene limitata, la nostra vitalità si riduce.

Svalutare gli altri richiede una certa quantità di energia: proprio per questo sembra darci una temporanea sensazione di benessere, legata al potere. Poi, svanita l’eccitazione, questa sensazione svanisce: ecco perché probabilmente le persone che amano vivere svalutando gli altri sentono il bisogno di farlo continuamente.
Un po’ come se desse assuefazione.

Il fatto è che la svalutazione è necessaria a sentirsi in posizione “up” rispetto agli altri. Dato che l’autostima funziona per polarità, se gli altri sono “giù” io sono meglio di loro. Se non siete convinti, provate a pensare a quelle volte in cui, offesi o risentiti da qualcuno, avete pensato “io merito di meglio”.

Quando la nostra autostima è alta, invece, percepiamo la vita come una sfida possibile, e le cose che non sappiamo fare sono punti da migliorare piuttosto che ostacoli che ci impediscono di andare avanti. Un problema non è un blocco, è solo una tappa del cammino.

E’ in questo senso che svalutare gli altri non ci mette in contatto con gli aspetti migliori di noi, di conseguenza non ci permette di migliorarci. Come se tutto rimanesse sul lato “basso” della bilancia, e lo sfondo diventasse negativo.

Percepire il valore degli altri in senso realistico (senza porre gli altri in un piedistallo a noi irraggiungibile), attiva invece reciprocità e cooperazione, al contrario della critica che attiva le difese dell’altro e le sue resistenze.

Purtroppo qualcuno ancora oggi sostiene che la formula del bastone e la carota sia vincente sia sul piano professionale che educativo. Oltre a dissentire personalmente, esistono ormai numerose ricerche pronte a testimoniare come il benessere psicofisico, la sensazione di autoefficacia, un clima emotivamente accogliente, tirano fuori il meglio di ciascun individuo, aumentano la creatività, pongono nelle condizioni di superare i limiti non solo personali, ma di gruppo.

La grande tragedia del nostro tempo è che siamo figli di una generazione che ci ha insegnato il narcisismo: abbiamo molto più potere personale rispetto alle generazioni precedenti. Per la stessa ragione, come spiegato fin qui, è più facile sentirci svalutati, offesi, insultati.

Invece di fare qualcosa che ci farà apparire migliori, naturalmente reagiamo svalutando gli altri, offendendoli, insultandoli. Oggi basta davvero poco per litigare anche con l’automobilista accanto.

Vedere il mondo con occhi diversi sembra uno sciocco gioco di Pollianna, ma si basa in realtà su una grande maturità personale, e i suoi effetti sono garantiti. Come dei riflessi allo specchio, sforzarsi di sentirsi migliori in un mondo migliore fa realmente girare le cose in modo diverso: non per illusione, ma per diversa consapevolezza di sé e degli altri.

Marcella Agnone – Psicologa Psicoterapeuta

foto: facebook.com