Nel precedente articolo abbiamo parlato della paura del buio: quel momento in cui, prima di dormire, i bambini piangono e non vogliono restare nella loro stanzetta.
Parliamo oggi di come noi genitori possiamo affrontare questa paura, che appartiene a loro ed anche a noi.Si dice che la paura è un vissuto istintivo finalizzato alla sopravvivenza, ma che per darle un senso serve anche il coraggio (che rappresenta il suo versante opposto).
Perché la paura sia evolutiva per i bambini, è quindi necessario trovare il modo di infondere loro non la vergona di provare paura, ma il coraggio di superarla.

Abbiamo già visto come sia importante che il bambino si senta compreso: non bisogna mai sminuire una paura ridicolizzando i nostri figli, piuttosto, è bene osservare tutti i particolari che riguardano non solo il momento della nanna, ma la giornata, il luogo in cui comincia la crisi di pianto.

Questo atteggiamento, attento alle “cose così come accadono”, senza interpretazioni (fenomenologico, ovvero attento a ciò che sentiamo, vediamo, odoriamo, sentiamo sulla pelle), ci aiuta moltissimo.

Tante e tante volte avrete letto di quanto è importante il rituale della nanna: lo confermo anche in questo caso. Quando i piccoli hanno paura del buio hanno indubbiamente bisogno di essere rassicurati.

E’ importante che ogni giorno le cose avvengano nella stessa ora e nello stesso modo, di modo che le piccole certezze quotidiane possano rassicurare il bambino insegnandogli a prevedere e a comprendere ciò che sta accadendo.

Le paure possono insorgere in periodi di cambiamento e di trasformazione, sia in famiglia che nella quotidianità del bambino: mi riferisco a cambiamenti di abitudini, o negli spazi fisici, l’arrivo di un fratellino, l’inizio della scuola, un nuovo lavoro dei genitori, e così via.

A volte i piccoli sono sensibilissimi anche a cose che noi riteniamo scontate, e anche quando sembrano reagire bene “durante il giorno”, la notte si agitano di più.
Essere consapevoli di quanto questo è importante per loro, del loro punto di vista, può aiutarci molto, soprattutto in direzione di una rassicurazione.

Bisogna poi distinguere anche l’intensità del problema: ci sono periodi di “crisi passeggera” che tendono a regredire, altri invece che diventano difficili da attraversare non solo per il bambino ma per l’intera famiglia.

In questi casi è bene consultare uno specialista: uno psicoterapeuta vi aiuterà, attraverso un percorso di sostegno alla genitorialità, a comprendere quanto avviene, fornendovi qualche strumento per risolvere la questione in tempi più brevi.

Marcella Agnone – Psicologa Psicoterapeuta

foto: jusprimaenoctis.net