Per decenni i neuroscienziati hanno cercato di determinare i segnali di consapevolezza nell’attività cerebrale. Quando la vista individua un oggetto in movimento, nel cervello dell’adulto si attiva il centro legato alla vista, anche se l’oggetto è troppo veloce perché lo si possa notare. Quando l’oggetto resta nel campo visivo per un tempo sufficiente, il segnale si sposta dalla parte posteriore del cervello alla corteccia prefrontale, che trattiene l’immagine il tempo necessario perché sia possibile notarla. Gli scienziati in questo caso registrano due picchi consecutivi nell’attività cerebrale, che si susseguono in meno di un terzo di secondo.

Alcuni ricercatori francesi hanno quindi cercato di determinare se questo schema in due fasi era presente anche nel cervello dei neonati. Posizionando una cuffietta piena di elettrodi sulla loro testa e mostrando loro l’immagine di un volto su di uno schermo per una frazione di secondo, gli scienziati hanno osservato che questo stesso schema del cervello adulto si registrava già in neonati di 5 mesi, anche se in forma più debole e lenta.

Sid Kouidier ipotizza che questo fenomeno possa essere presente già nel cevello dei neonati di due mesi; e che possa indicare una prima forma di pensiero consapevole. Il feedback proveniente dalla corteccia prefrontale suggerisce in effetti che l’immagine venga immagazzinata nella memoria a breve termine del neonato. E la consapevolezza è costituita da memoria a breve termine.

Livia

Fonte: www.wired.com