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Esce oggi nelle sale cinematografiche “Ricky”, ultimo film di Francois Ozon, il quarantenne regista francese autore di “8 donne e un mistero”. Il film, presentato al Festival di Berlino, ha riscosso grande successo tra i critici. Paolo Mereghetti sul Corriere della Sera di ieri definisce la vicenda  “una storia che sembra di cupo realismo” e che “decolla poi in meravigliosa leggerezza”. In effetti, la prima parte del film è “un’abile ricostruzione da film sociale in stile Ken Loach”, si legge su Donna del 3 ottobre: la protagonista Katie (Alexandra Lamy) vive con la figlia di 7 anni Lisa (Melusine Mayance), e incontra Paco (Sergi Lopez), che la mette incinta e va a vivere con la donna e la bambina.

Nasce il piccolo Ricky (Arthur Peyret), un bambino apparentemente normale, a cui compaiono presto dei lividi sulle scapole. Katie sospetta che Paco picchi il bambino, e l’uomo indignato per le insinuazioni se ne va. A questo punto ha inizio la metamorfosi di Ricky, e il registro del film cambia completamente. L’atmosfera diventa improvvisamente leggera, surreale. Nessuna spiegazione viene data per l’improvvisa mutazione di Ricky.

Il bambino che ha interpretato Ricky è stato scelto al termine di un complicato casting, perché non aveva alcuna paura quando era sospeso in aria; anche la sua mamma, hostess di professione, era del del tutto tranquilla.

Dice Ozon che quello che a lui interessava del racconto a cui si è ispirato per girare il film (Moth, di Rose Tremain) era “la famiglia, le dinamiche che si sviluppano quando fa irruzione il meraviglioso, la ricerca di ciascuno per trovare il suo posto nel nuovo equilibrio“.

E, ogni volta che un bambino nasce, il meraviglioso fa irruzione. Non servono le ali ai neonati per conquistare tutti intorno a loro, anche se a volte è come se le avessero.

Secondo Mereghetti, il bello di questo film è che “alla fine ognuno è libero di trarre la morale che vuole”:

se andate a vederlo ci raccontate che cosa avete colto voi?