I bambini non sono mini esseri umani con mini diritti (Consiglio d’Europa)

Diventare genitori è un’esperienza ineguagliabile che ci porta a guardare il mondo con occhi diversi. Quello che prima percepivamo secondo la nostra esperienza di figli, ora si amplia della prospettiva del genitore.

La cultura, la società, cambiano: cambiano i rapporti tra le persone, il modo di vivere e di concepire le principali istituzioni su cui si fonda la vita di relazione. Il concetto di famiglia, l’essere genitore oggi è molto diverso da com’era molti anni fa.

Se da un lato questo è destabilizzante, dall’altro apre le porte al miglioramento. La parte difficile, però, è adeguarsi al cambiamento ed esserne preparati.

Tutti gli esseri umani hanno dei diritti. I bambini non sono da meno.
Il loro essere dipendenti in tutto e per tutto dai loro genitori, tuttavia, fa si che alcuni adulti li considerino “inferiori“, da questo punto di vista.

Per dieci anni tutti gli stati delle Nazioni Unite hanno lavorato sulla Convenzione sui Diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, entrata in vigore nel 1989. Da allora, quasi tutti i Paesi del mondo si sono impegnati a riconoscere che i bambini sono esseri umani che devono essere rispettati nella loro dignità.

Questo significa che, anche all’interno del contesto familiare, ogni bambino ha il diritto di esprimere la propria individualità, di essere ascoltato quando esprime la propria opinione, di essere protetto contro ogni forma di violenza.

Penso che ogni famiglia, almeno una volta, dovrebbe leggere la Convenzione, per riflettere sul senso di questo lavoro che ha un impatto molto forte sulla nostra definizione di genitorialità ma anche sul modo di intendere il nostro sistema scolastico.

Ancora oggi, a volte, mi ritrovo a vedere come certi metodi educativi (pur non trattandosi di punizioni corporali o manifesta rabbia nei confronti del bambino) vengano oggi ritenuti adeguati a perseguire la “scolarizzazione” o l’impartimento dell’ “educazione”.

Esistono, a mio parere, forme di violenza più sottile e socialmente accettata che riguardano in particolare la possibilità di umiliare (consapevolmente o meno) il bambino per i propri limiti, le proprie incapacità, legati certamente alle fasi di crescita in cui si trova.

Non vi scandalizzate, è più vicino di quanto sembra: quante volte capita di spazientirci perché vorremmo che i nostri figli si sporcassero meno, ci lasciassero più liberi, fossero più bravi, più ordinati, più rapidi… Non capita sempre, ma capita.

Quando qualche volta mi spazientisco, mi viene in mente quell’età della vita in cui gli adulti invecchiano, regrediscono, e cominciano a tornare bambini: dimenticano le cose, non hanno voglia di portare a termine un compito, si sporcano, vogliono che qualcuno sia loro vicino, etc. E allora smetto: mi fermo, respiro, e aspetto che mi passi la rabbia per un’idea del tutto adulta dell’ordine, dei compiti giornalieri, di come portare a termine qualcosa.

Proteggere i bambini dalla violenza significa anche che “non sarà più possibile giustificare l’uso di punizioni fisiche o altre punizioni degradanti per correggere o tenere sotto controllo il comportamento dei bambini” (Save The Children).

Ogni educatore deve tenere conto di quali effetti posano avere le loro parole e loro azioni sullo sviluppo dell’autostima del bambino.

Anche se molti di noi sono cresciuti prima che la Convenzione fosse scritta e siamo abituati a pensare che certi metodi fossero “normali”, è importante il nostro sforzo perché i bambini siano ascoltati e considerati, come ogni essere vivente.
Si tratta di una grande sfida, più grande di quanto ciascuno di noi possa immaginare, ma attraverso l’informazione e la formazione, anche come genitori, è possibile cambiare.

Marcella Agnone – Psicologa Psicoterapeuta

foto: toscana-notizie.it