I neonati somigliano a dei bambolotti, e spesso pensiamo di poter dire e fare qualunque cosa perché “tanto non capiscono”. Piangono, dormono, mangiano, e sembrano risponderci soltanto per istinto. In realtà, anche se ancora non sanno articolare altro che versetti e suoni, capiscono bene cosa dicono gli adulti.

Lo sostiene uno studio della Pennsylvania University di Filadelfia pubblicato su PNAS, che dimostra come i bambini già a 6 mesi comprendano il linguaggio degli adulti, soprattutto in riferimento al cibo e alle parti del corpo. Una scoperta interessante, visto che finora si riteneva che i bambini cominciassero a capire verso i 12 mesi!

Fate una prova anche voi a casa col vostro cucciolo: a pranzo mostrategli il suo formaggino (o qualsiasi altro cibo) preferito, e ditegli: “Se mi dai la manina ti do il formaggino”. Lui sarà in grado di eseguire l’azione, sempre che abbia voglia di mangiare il formaggino, ma non si tratta di un’azione istintiva: se provate a chiedergli dov’è la mela, lui guarderà proprio la mela, anche se non è ancora in grado di rispondervi.

Per dimostrarlo gli scienziati hanno eseguito sui bambini una prova chiamata “language guided looking” o “looking while listening”, cioè sguardo guidato dal linguaggio o guardare ascoltando, in cui hanno appunto usato un tracciante elettronico dello sguardo.

L’esperimento era molto semplice: il bambino sedeva in braccio alla mamma e l’esaminatore sedeva al lato opposto del tavolo, davanti a un computer. Tra il computer e il piccolo venivano messi due o più oggetti, come una mela, una banana, ecc. Sul tavolo inoltre c’erano un altoparlante, il sensore per seguire lo sguardo del piccolo e una telecamera per filmarlo, in modo che lo scienziato avesse sott’occhio tutta la scena sul monitor del computer.

Così, se dall’altoparlante veniva chiamata la mela, il tempo di fissazione corretto veniva sottratto a quello speso per guardare anche gli altri oggetti presenti sul tavolo, e l’esito è sempre stato statisticamente significativo e superiore a un risultato casuale.

Per essere certi della validità della propria tesi, i ricercatori hanno inoltre sottoposto i neonati a un’ulteriore verifica, chiedendo alle madri di scegliere parole che secondo loro venivano pronunciate poco in casa, e con cui i figli non dovevano quindi avere dimestichezza, inserendole in una scala che andava da “mai” a “varie volte al giorno”.

Ebbene, la conclusione è stata che non esiste alcuna correlazione tra la frequenza d’ascolto di una certa parola e la correttezza della scelta fatta dal bambino: ovvero non impara come un pappagallo, ma capisce.

Tra i 6 e i 9 mesi, affermano gli scienziati, apparentemente non si riscontrano grandi sviluppi nell’area del linguaggio. In realtà si stanno formando nuove connessioni neuronali, che intorno ai 14 mesi creano un salto di qualità improvviso e incredibile: tutte le informazioni immagazzinate fino a quel momento dal cervello si connettono definitivamente ai circuiti del linguaggio e della comprensione.

E a quel punto, se chiediamo al bambino di andare a prendere un oggetto, lui sarà in grado di decodificare un comportamento legato a quella frase, che non sarà più solo un insieme di suoni familiari da afferrare con lo sguardo.

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