Vi è mai capitata la scena in cui un bambino chiede un bicchiere d’acqua? La richiesta ha varie declinazioni:
“Acqua!”
“Voglio l’acqua”
“Mamma, acqua!”
Sono espressioni abbastanza diffuse, non è vero?

Il valore della gentilezza

Quando non siamo troppo anestetizzati a questa modalità di linguaggio, fa seguito (dalla notte dei tempi) il coro degli adulti: “… per favore!” che esige che il bambino chieda le cose con un certo garbo, e non come un ordine.

A me la questione ha sempre colpito molto.
Nelle scorse generazioni bloccare la richiesta di un figlio senza troppe riflessioni riguardava il tema dell’ “autorità”, certamente nelle mani degli adulti, e l’infanzia non era certo considerata come oggi, al contrario era piuttosto “mortificata“.

In alcuni momenti ho pensato che per bambini molto piccoli pretendere il “per favore” fosse superfluo, e che ci fosse un tempo per l’educazione alle buone maniere. Oggi non sono sicura di pensarla così (anche se mi auguro che esigere una richiesta ben formulata non comporti la negazione dell’acqua fino al raggiungimento del “per favore”).

In altri tempi mi sono chiesta se la spontaneità di un bambino non fosse più bella, e che la formula precostituìta sarebbe arrivata col tempo, nonostante tutto.

E’ necessario tuttavia fare un esempio: nella mia famiglia il “per favore” è sempre stato frequente, anche nelle richieste più banali, e anche quando ci si rivolge ai bambini. “Per favore mi passi il sale” è una formula ricorrente, e il grazie tanto più enfatico quanto più piccolo è il bambino.

Non mancano certo le formulazioni diverse, un “dammi il sale” legato all’intimità dei commensali o a un momento di fretta, ma la gentilezza dovrebbe essere un clima abituale che non è legato ad una regola vuota, ma fa parte dello stile comunicativo tra le persone.

Genitori troppo permissivi?

E’ parte del nostro tempo l’esempio del bambino che cerca la soddisfazione dei suoi desideri nel momento esatto in cui li formula: abbondanza, possibilità ampliate rispetto a un tempo, benessere, ci rendono genitori più permissivi e dalla spesa facile.

Ma il tema è spinoso: molti genitori non sanno come fermare l’escalation delle richieste, e sanno bene che accontenarli non significa placare le pretese.

E’ di fondamentale importanza, allora, insegnare ai bambini il modo con cui chiedere, e che le richieste possono anche avere delle risposte negative. Non sempre ciò che vogliamo (nella vita) ci permette di ottenere quel che desideriamo.

A volte pensiamo che quel che compriamo possa dimostrare loro l’amore più di quel che facciamo per loro. Cadiamo così in un altro errore, quello di non insegnare loro il confine tra i propri desideri ed il rispetto degli altri.

L’abitudine ad essere serviti

E’ in questo modo che l’acqua, il cibo, il giocattolo, possono essere chiesti senza gentilezza (che ci piaccia o no, in modo dittatoriale), rafforzando l’abitudine a essere serviti che si porteranno dietro per tutta la vita.

Il problema, in vero, non è del bambino, ma di come gli insegniamo a vedere il mondo: come una rete di relazioni basate su comprensione e rispetto, o in modo strumentale, che piega l’altro ai nostri desideri e alle nostre aspettative?

Il linguaggio che usiamo quando parliamo davanti a loro, di loro, o con loro, rispecchia l’idea che abbiamo del mondo: noi siamo sempre il primo esempio cui loro faranno riferimento.

“Mamma, per favore, vorrei l’acqua” non rientra in una dinamica di potere, ma modella un pensiero in cui l’altro è una Persona, e non è al mio esclusivo servizio.

Ancora una volta, se non vogliamo un futuro fondato sullo sfruttamento e sull’incapacità di percepire l’Altro, dobbiamo assumerci la responsabilità di formare gli uomini di domani.