Quando chiedo ai genitori cosa li spinge a iscrivere i figli al nido, quasi sempre la risposta è: “Perché socializzano e imparano a condividere”. Ora, proviamo a fare un po’ di chiarezza sul concetto di condivisione e sulla sua importanza. Secondo la definizione Treccani, condividere significa “dividere, spartire con altri”: certamente si tratta di un obiettivo fondamentale per contribuire al benessere e alla felicità di tutti. Per approfondire questo tema pongo, con un pizzico di provocazione, una domanda alle mamme: sareste disposte a prestare il vostro paio di scarpe preferito ad un’altra persona la sera in cui, tra l’altro, avevate deciso di usarle?
In questa situazione, al limite dell’assurdo, emergerebbero, in tempo zero, tre obiezioni:
1. Le scarpe sono mie e non capisco perché le dovrei prestare
2. A chi poi? Magari me le rovina o mi lascia un cattivo odore
3. Devo anche giustificarmi e spiegare che avevo in mente di usarle proprio stasera?

Siamo tutti d’accordo con il dire che non ha senso costringere un adulto a cedere le cose a cui tiene ad un’altra persona, senza un motivo valido.
Quando sono coinvolti i bambini però si è molto più propensi a pensare che loro debbano condividere tutto e in ogni occasione, perché è giusto così…

Condividere i giochi: è giusto pretendere che un bambino lo faccia sempre  e comunque?

A questo proposito è necessario fare qualche precisazione:

Rispettare il concetto di proprietà

Se il gioco appartiene ad un bambino, non può essere trattato come un gioco di tutti. Allo stesso modo se un gioco non è suo, si deve invitare a chiedere il permesso di usarlo, senza dare per scontato che non serva farlo.
Al parco giochi mi capita spesso di osservare situazioni in cui un bimbo lascia momentaneamente il suo monopattino o la bici per salire sullo scivolo e l’adulto che accompagna un altro bambino, magari più piccolo, gli permette di prenderlo e “provarlo” senza chiederlo, solo per il fatto che si trova in quel contesto. Nulla di irreparabile, intendiamoci. Qualcuno non se ne accorge nemmeno e altri sono abituati a farlo utilizzare a tutti ma resta comprensibile la reazione del bambino che si fionda, alla velocità della luce, dallo scivolo e riprende possesso del suo mezzo.

Distinguere a chi si dovrebbero prestare i giochi

Sconosciuti, conoscenti, amici? A differenza degli adulti, ai bambini viene richiesto di prestare le sue cose indistintamente al suo amico del cuore, ad un bimbo appena conosciuto o ad un altro che magari non rientra nelle sue simpatie.
È estremamente corretto da parte dei genitori spronare a condividere ma non è necessario insistere.
Gli adulti hanno il dovere di ricordare che condividere è fondamentale ed è sempre un’opzione ma sarà il bambino a scegliere come e a chi dare le sue cose.
Diversa è l’esperienza al nido o a scuola dove gli oggetti non hanno un vero proprietario, se non temporaneo, e sono condivisibili con tutti.

Rispettare i tempi

In genere quando l’adulto interviene e chiede ai bambini di condividere le proprie cose con qualcuno che desidera lo stesso oggetto, non sempre si considera che i piccoli stiano portando avanti un gioco più o meno organizzato e i tempi stabiliti dagli adulti a volte interrompono questa sequenza.
Molte volte, in questi casi, il bambino piange arrabbiato e si pensa banalmente sia solo perché non vuole dare le sue cose a nessuno. Magari non in quel preciso momento.

Spunti e consigli per aiutare i bambini ad imparare il valore della condivisione

Il ruolo degli adulti può rivelarsi basilare in molte situazioni quotidiane:

Insegnare a gestire i tempi di attesa

Quando un bambino vuole qualcosa che sta utilizzando un adulto o fratello/sorella maggiore, non ci si deve sentire in dovere di concederlo subito solo perché lui è piccolo e non saprebbe aspettare. Intanto, lo si sottovaluterebbe; inoltre, è importante che il bambino impari a gestire i tempi di attesa per poter condividere. In caso contrario, sembrerebbe tutto dovuto. Perché dovrei imparare a condividere, se posso avere tutto e subito?

Aiutare il bambino ad esprimere i propri sentimenti

Esprimere i propri sentimenti senza nasconderli al bambino solo perché non potrebbe capire o per non coinvolgerlo. Tristezza, rabbia, felicità fanno parte della vita e i bambini sono degli attenti ascoltatori quando si tratta di sentimenti. Questo atteggiamento serve a riconoscere le emozioni quando si provano e li aiuta a fare un passo ulteriore verso la condivisione di sentimenti ed idee.

Proporre la condivisione come iniziativa

Un esempio semplice e concreto per aiutare il bambino ad imparare la condivisione potrebbe essere proporre di portare al parco giochi qualche merendina in più, della dispensa di casa, per mangiarle insieme ai suoi amici oppure qualche gioco da utilizzare insieme.

Leggere libri sull’argomento

Ritagliare dei momenti per la lettura ad alta voce. La letteratura per l’infanzia è ricca di interessanti libri sull’argomento, i cui messaggi possano arrivare al bambino, immedesimandosi nei personaggi.

“Zeb e la scorta di baci” di Michel Gay, è un esempio di condivisione di emozioni che passa attraverso una scatola di latta. Una bellissima storia di amicizia e condivisione di esperienze è “Sulla collina” di Linda Sarah e Benji Davies. Oppure “Il piccolo libro della gentilezza” di Francesca Pirrone che è un modello di delicatezza e rispetto degli altri.

Non intromettersi nelle contese di giochi

Vorrei sottolineare l’importanza del ruolo dei genitori nel mostrarsi accoglienti anche nelle situazioni in cui un bimbo vuole prendere impropriamente il gioco di nostro figlio. In quei casi però è giusto lasciare che i bambini se la sbrighino tra di loro, intervenendo con delicatezza, solo se necessario.

Le azioni dei genitori però non si esauriscono con la mediazione nelle contese di giochi…

Il ruolo dei genitori

Queste riflessioni sono solo uno spunto per comprendere meglio. Il bambino, proprio come l’adulto, prova delle emozioni che vanno tenute in considerazione.

Non preoccupatevi se i vostri bambini in più occasioni puntano i piedi e tengono per sé tutti i loro giochi. Ci sono fasi in cui lo sviluppo della propria identità passa anche dalla capacità di delineare confini e dal potere di decidere a chi dare o meno un oggetto. La tipica espressione “è mio” spiega questo momento evolutivo in modo eloquente.

Questa fase mette in difficoltà gli adulti che spesso si ritrovano a non sapere più che pesci pigliare. Quindi, ad un genitore che vorrebbe sempre un figlio generoso ed educato consiglierei di guardare la questione anche da un’altra angolazione.

Questo, d’altra parte non significa che dobbiamo assecondare tutte le sue reazioni. Il bambino deve essere sostenuto dagli adulti nel passaggio dall’egocentrismo, tipico della sua età, alla consapevolezza di essere parte di un sistema di relazioni.

Possiamo infatti provare a pensare che lo scambio di oggetti durante l’infanzia sia un pretesto per raggiungere obiettivi più alti come lo scambio di emozioni, di idee e di progetti. Aspetti che evidentemente non coinvolgono solo l’infanzia ma ogni fase della nostra vita. Per arrivare a trasmettere il messaggio che sta al cuore della questione, il genitore, invece di puntare solo su quello che il bambino deve o non deve fare, può impegnarsi, in prima persona ad essere un buon modello da seguire: un adulto consapevole, aperto e disponibile al cambiamento.