Cosa ha significato diventare madre durante la pandemia?
Le evidenze scientifiche internazionali hanno riportato una maggiore frequenza di episodi di depressione post partum durante il Covid e in Italia che cosa è successo?
Una ricerca italiana
Lo studio “COVID-19 e salute mentale perinatale: impatto del COVID-19 sul vissuto e lo stato emotivo in epoca perinatale delle donne in contatto con i Consultori Familiari (CF)”, che si è svolto tra il 2020 e il 2021 con il coordinamento dell’Istituto Superiore di Sanità ha avuto proprio lo scopo di indagare questo fenomeno.
La ricerca avviata nel mese di ottobre 2020, ha coinvolto le utenti dei consultori familiari di 9 Aziende sanitarie collocate in 8 Regioni italiane. In particolare quelle di Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana, Lazio, Sardegna, Calabria. Nello specifico: ASL TO3, ASST Fatebenefratelli Sacco, ASST Bergamo Est, Azienda ULSS 6 Euganea, AUSL di Bologna, Azienda USL Toscana Centro, ASL Roma 2, ASSL di Olbia e ASP Cosenza.
I risultati
Dal 1° ottobre 2020 al 31 maggio 2021, 1168 donne in gravidanza e 940 donne nei primi sei mesi dopo il parto hanno partecipato allo studio compilando il questionario online.
Caratteristiche sociodemografiche
- Più del 90% delle partecipanti è sposata o convivente e di cittadinanza italiana, la maggior parte ha un grado di istruzione elevato (laurea triennale o più), lavora e non dichiara difficoltà economiche.
- La gravidanza è stata vissuta senza complicazioni ostetriche da oltre il 67% delle partecipanti, il 14% circa ha indicato di aver sofferto in passato di un disturbo d’ansia o dell’umore.
Infezione da SARS-CoV-2
- Il 6% delle donne in gravidanza e il 5% delle donne con un bambino fino ai 6 mesi d’età ha sviluppato l’infezione.
Supporto sociale e da professionisti e servizi sanitari
- Il 32% delle donne in gravidanza e il 38% delle donne nel periodo post natale non si sente supportata dalla propria rete sociale (nel periodo pre-pandemico erano poco più di un quarto).
- Il supporto ricevuto da servizi e professionisti sanitari è descritto come adeguato dalla maggioranza delle partecipanti, ma con delle differenze nei due gruppi.
- Fra le donne in gravidanza solo il 9% si è sentita “non molto ben supportata”, percentuale che sale al 23% fra le donne nel periodo postnatale.
- Più specificamente, una donna su cinque non ha potuto parlare del proprio stato d’animo con un professionista sanitario dopo essere stata dimessa dall’ospedale.
Percorso nascita durante la pandemia
- Il 60% delle donne in gravidanza è preoccupata per la salute del bambino, oltre l’80% per la possibile assenza del partner durante il parto come conseguenza delle misure restrittive legate al COVID-19.
- Fra le donne che hanno già partorito, il 21% ha vissuto il parto senza la vicinanza del partner o altra persona di fiducia.
Risorse percepite come importanti durante la pandemia
- La risposta rapida a domande e preoccupazioni e una più ampia disponibilità di colloqui individuali con i professionisti sanitari del percorso nascita sono state indicate come importanti/molto importanti da oltre il 95% delle partecipanti.
La maggior parte delle donne, sia in gravidanza che nel periodo postnatale, ritiene importante/molto importante:
- avere accesso a informazioni sulla gestione dello stress (rispettivamente 91% e 93%);
- a un professionista della salute mentale (83% e 89%);
- avere risorse di supporto tra pari, inclusi gruppi di supporto online (79% e 81%);
- interazioni con altre donne in gravidanza/neo-genitori (92% e 94%);
- esperienze di donne che hanno affrontato la gravidanza, il parto e i primi mesi di vita del bambino durante la pandemia (84% e 85%).
Distress psicologico
- Per quanto riguarda i sintomi di distress psicologico valutati con il Brief Symptom Inventory-18 (BSI-18), la percentuale di partecipanti con un punteggio complessivo (Global Severity Index – GSI) maggiore o pari a 25, che identifica sintomi di distress psicologico clinicamente rilevanti, è risultata più elevata tra le partecipanti in gravidanza (12%) rispetto alle donne nel periodo postnatale (9%; p = 0,038).
Fattori associati a distress psicologico clinicamente rilevante
- Sia tre le donne in gravidanza che tre quelle nel periodo postnatale i sintomi rilevanti di distress psicologico (GSI>25) si associano a difficoltà economiche, a un pregresso disturbo dell’umore o d’ansia, a uno scarso supporto sociale percepito e a sentirsi meno supportate dai professionisti sanitari del percorso nascita.
- Non è emersa un’associazione tra l’esposizione diretta all’infezione da SARS-CoV-2 o la residenza in un’area ad alta diffusione di COVID-19 e lo stato di salute mentale.
Si tratta dell’unico studio italiano condotto durane la pandemia che abbia valutato su larga scala il distress psicologico fra le utenti dei CF nel periodo perinatale. La prevalenza complessiva di disagio psicologico che abbiamo riscontrato è coerente con i tassi osservati in un ampio studio europeo basato su un’indagine online condotta poco dopo il picco della prima ondata pandemica su un campione con analoghe caratteristiche socio-demografiche (Ceulemans et al, 2021).
Limiti dello studio
È necessario tenere presente che la partecipazione online può aver introdotto un bias di selezione.
Le donne di cittadinanza italiana e con un grado di istruzione elevato nel campione sono sovra rappresentate rispetto alle caratteristiche delle donne che partoriscono descritte dal flusso CeDAP, suggerendo cautela nella generalizzazione dei risultati.
Conclusioni
Poiché il disagio psicologico in gravidanza e nei primi mesi dopo il parto aumenta il rischio di esiti di salute negativi per la madre e il bambino, lo studio evidenzia l’urgenza di fornire maggior supporto alle donne più vulnerabili che affrontano la gravidanza e i primi mesi dopo il parto nel contesto attuale, anche indipendentemente dall’esposizione diretta al SARS-CoV-2.
Sebbene un disagio psicologico clinicamente rilevante sia stato riscontrato in circa 1 donna su 10, i cambiamenti nell’assistenza alla maternità e il ridotto supporto sociale correlato all’epidemia di COVID-19 sono motivo di preoccupazione nella grande maggioranza dei partecipanti, che hanno espresso la necessità di un maggiore ascolto da parte degli operatori sanitari, un più diffuso supporto alla salute mentale e un più largo accesso a risorse di auto-aiuto.