Chi educa i nostri figli?
Bella domanda, o meglio, bel problema, perchè ormai è evidente a tutti che non siamo solo noi genitori ad educarli.
Intendiamoci, nemmeno in passato era così, perchè i bambini erano cresciuti un po’ da tutta la famiglia allargata:

le zie, i nonni, le tate, i vicini di casa, cioè da tutta la gente che gravitava attorno alla famiglia perchè, ai tempi, era più facile che le famiglie vivessero tutte vicine tra loro, accomunate dal lavoro che condividevano (immaginiamo la vita nei campi oppure la vita di quartiere di un tempo). Però tutte queste persone erano “di famiglia” ed era plausibile che i modelli educativi che proponevano, fossero simili a quelli dei genitori.

Adesso invece è molto più normale che le famiglie vivano isolate, lontane dai loro parenti e vicine a persone che quasi ignorano o conoscono poco o con le quali non hanno alcun tipo di affinità (immaginiamo l’attuale vita in città, nei condomini).

Venendo quindi meno la possibilità di lasciar “scorrazzare” i nostri figli nel cortile, oppure in casa “intanto ci sono i nonni” o gli zii e i cuginetti, sicuri che quello che impareranno è più o meno coerente con quello che avremmo insegnato noi, tutti abbiamo il problema di far gestire i nostri figli da persone di cui ci fidiamo.

Evviva!

Automaticamente diventano scelte importantissime la scuola e i ragazzi che la frequentano, lo sport e le società che organizzano le attività, i programmi televisivi che guardano, i posti e le persone che i nostri figli frequentano nel tempo libero.

Facendo tantissima attenzione cerchiamo di fare le scelte giuste, avendo un occhio alle loro passioni ed un altro alla loro educazione, uno alle opportunità che offriamo loro e un altro ai rischi che speriamo di ridurre al massimo. E quando abbiamo fatto tutto per quello che per noi è il meglio ……… incrociamo le dita!

Eh si, la verità è questa, incrociamo le dita nella speranza che le persone che li gestiranno siano all’altezza del loro delicatissimo compito formativo, che i compagni con i quali faranno amicizia siano ragazzi altrettanto seguiti quanto lo sono i nostri e che lo sport e le attività che faranno offrano loro delle esperienze sufficientemente stimolanti per crescere, sufficientemente impegnative per dar loro soddisfazione e sufficientemente attinenti alle loro inclinazioni per farli sentire felici.

Bella scommessa!
La sera, poi, quando ce li ritroviamo a casa, ecco che comincia il grande lavoro di pulizia. Loro arrivano con la testa piena di novità, di parole nuove, di emozioni nuove, di esperienze nuove, di gioie, di delusioni, di dubbi e sta a noi rimettere ordine in tutto questo minestrone.

Sì, il lavoro di educatore, per una buona parte è questo: rimettere in ordine e dare significato a tutto quello che i nostri figli raccolgono nel mondo esterno nel quale siamo obbligati a catapultarli.
Per sperare di avere un qualche successo in questo lavoro improbo, è fondamentale avere una buona confidenza con i nostri figli, intendo dire una certa facilità di dialogo e soprattutto un rapporto affettivo che renda “prioritario” il dialogo con noi genitori rispetto a quello che possono avere con tutti le altre entità con le quali, durante il giorno,  entrano in contatto. Solo così si può sperare di essere ascoltati.
E’ proprio per questa esigenza di dialogo che nell’ultimo secolo i rapporti genitori-figli sono profondamente cambiati e si sono caratterizzati con una sempre maggiore confidenza di approccio soprattutto nei rapporti padre-figli (ci ricordiamo tutti che un tempo si dava del “Lei” al padre).
Ed proprio per questo che i genitori di oggi non possono più permettersi di fallire questo “contatto” con i figli perchè se dovessero fallire, o meglio, quando falliscono, gli effetti sono devstanti. Prova ne è l’altissima correlazione che è stata dimostrata tra la devianza e l’assenza genitoriale.

Quindi buon lavoro a tutti – cari miei – e speriamo che sia vera quella bellissima frase che dice che “i nostri figli non hanno bisogno di genitori perfetti, ma di genitori che instancabilmente, ogni giorno, provano ad esserlo”.

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Federico Ghiglione

Associazione Professione Papà