Sono stati pubblicati ieri sul Corriere della Sera i risultati Istat raccolti in due riprese, nel 2003 e nel 2007, in base ai quali il 72,8% dei 10.000 figli tra i 18 e i 39 anni interrogati è rimasto a vivere a casa dei genitori. Le ragioni che vengono generalmente addotte sono di natura economica: mancanza di un posto di lavoro sicuro, difficoltà nel trovare un’abitazione poco costosa, necessità di risparmiare sull’affitto e su altre spese. Ma in realtà in Italia molti ragazzi e ragazze – o meglio uomini e donne – a casa con i genitori si trovano bene, la famiglia di origine non fa alcuna pressione perché i figli lascino il nido, e spesso l’unica motivazione che li spinge a cercarsi casa è il matrimonio, che – si sa – arriva sempre più tardi.

E’ interessante tuttavia la riflessione – che si può leggere sempre sul Corriere di ieri – di Gianpiero dalla Zuanna, Professore di Demografia all’Università di Padova, che mette in evidenza il risvolto positivo di questa abitudine, in genere condannata: infatti, il professore spiega che “I legami di sangue non hanno ovunque la stessa forza”. Sono deboli nei Paesi anglosassoni e quelli dell’Europa centrale, mentre sono forti “nei Paesi dell’Europa Meridionale (Spagna, Portogallo, Italia e Balcani) e dell’Estremo Oriente (Giappone, Corea del Sud, Taiwan)”. Quali sono le conseguenze positive di questi forti legami? Innanzitutto “gli anziani italiani in casa di riposo sono un terzo rispetto ai coetanei inglesi od olandesi”. E poi, in Italia “un terzo dei bambini con meno di tre anni viene accudito dai nonni“.

Quindi, con buona pace di chi condanna i cosiddetti “bamboccioni” che si attardano a lasciare il nido, e anche la generazione definità “né né”, costituita da giovani tra 15 e 35 anni che non studiano, né lavorano, tutto sommato, se questi comportamenti indicano la presenza di legami di sangue più forti, forse non sono del tutto da deprecare.

Anche se, in effetti, è più difficile diventare grandi se non ci si allontana mai dalla casa di mamma e papà. Il rischio è quello di rimanere eternamente figli, e di non emanciparsi mai dall’influenza, per quanto benevola, dei genitori, senza mai diventare realmente adulti.

Voi fino a che età avete vissuto in casa con i vostri genitori? Cosa vi ha spinto ad allontanarvene? E fino a che età desiderereste che i vostri figli rimanessero con voi, o, viceversa, da che età in avanti non tollerereste più la loro presenza tra le mura di casa?

Immagine: intercentres.cult.gva.es