Molti bambini sono timidi, ognuno per ragioni diverse: alcuni sono diffidenti e preferiscono starsene per conto loro, altri desidererebbero socializzare ma temono di essere rifiutati, altri non possiedono abilità relazionali adeguate e sufficienti per approcciare, eccetera.
Ovviamente, ognuna di queste situazioni meriterebbe riflessioni e suggerimenti diversi. In questo articolo non sarà possibile analizzarle tutte; proveremo, tuttavia, a capire se e quando bisogna preoccuparsi per l’eccessiva timidezza di un bambino e, successivamente, stilare un elenco di consigli che possano essere d’aiuto.
Essere timidi NON È sbagliato!
La timidezza non è, di per sé, un lato negativo del carattere. Anzi, vedere un bambino riflessivo e poco sfrontato oggi è una piacevole rarità. Non solo! Aggiungo che quella di differenziare contesti ed interlocutori è una competenza importante, quindi non dobbiamo allarmarci se di fronte a un dottore un bimbo diventa taciturno o se fatica a fare combriccola con bimbi appena conosciuti.
Quando la timidezza diventa invalidante
È, invece, meritevole di attenzione quella timidezza che invalida il vissuto quotidiano del bambino, ovvero che influenza negativamente, ostacola o impedisce aspetti normali della sua vita. Faccio esempi concreti: se è talmente timido da non chiedere alla maestra un bicchiere d’acqua e resta con la sete tutto il giorno la sua timidezza è invalidante; se desidera giocare con altri bimbi al parco ma per timore di un rifiuto rinuncia, la sua inibizione è invalidante.
Dunque: se l’eccessiva timidezza non permette ad un bambino di soddisfare i suoi normali bisogni e desideri è opportuno lavorarci. Se, invece, ogni tanto gli piace giocare da solo al parco giochi ed è contento così, non c’è nulla di male!
Questa differenza è importante perché spesso il problema osservato dai genitori pesa più a loro che al bambino stesso. Non è raro trovare mamme e papà, infatti, preoccupati perché “sarà solo per tutta la vita”, “non si farà mai valere” ecc. quando invece il loro pargolo è sano sotto ogni punto di vista! Ricordiamo che:
- un bimbo timido può diventare un adulto socievole, e viceversa; quindi non crucciamocene troppo.
- il fatto che un genitore desideri un figlio socievole non vuol dire che quest’ultimo debba esserlo
- i bambini sentono le nostre ansie e le fanno proprie, sentendosene responsabili.
Strategie per aiutare un bambino timido
Ad ogni modo, se riteniamo che un bimbo soffra per la sua timidezza possiamo aiutarlo con alcune strategie:
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Non far “pesare” la timidezza
Se non si avvicina agli altri perché è timido, non lo aiuterà certo sentirsi anche “strano, sbagliato”. Insisto: non facciamo pesare ai bambini questo loro lato del carattere, non parliamone continuamente, non chiediamogli sforzi ogni volta che c’è una possibilità di socializzazione.
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Non sollecitare eccessivamente
Arrivati al parco giochi possiamo certamente dirgli “guarda c’è anche Giorgio” ma evitiamo di ripetergli ogni 5 secondi “vai da Giorgio”, “perché non vai da Giorgio?”, “che siamo venuti a fare se non vai da Giorgio?!”
Soprattutto esorto a non farvi avanti al posto suo! Questo lo farebbe sentire davvero un emerito incapace!
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Facilitare l’interazione in modo “indiretto”
Avere con sé un oggetto di interesse portato da casa può aiutare: al parco giochi una palla o una Barbie possono favorire qualche battuta iniziale tra coetanei.
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Trovare attività che gli piacciano davvero
Sentirsi “bravo” farà aumentare la sua autostima e, dunque, aumenterà le probabilità che si esponga. In parole povere: inutile iscriverlo ai boy scout se odia stare all’aria aperta o a calcio se teme di farsi male.
Strategiche saranno attività sì di gruppo ma in cui vi è un adulto a mediare situazioni e relazioni. Mediare dunque, senza mai sostituirsi a loro, limitando gradualmente sempre più la propria presenza.
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Dargli continuità
Possibilmente evitare di cambiare ogni anno scuola, ogni settimana parco gioco, ogni mese scuola calcio. Vedere sempre le stesse facce lo aiuterà a sentirsi a suo agio più rapidamente. Garantirgli se possibile continuità di compagni al passaggio di ordine scolastico (a meno che non si sia trovato talmente male da vivere come una liberazione il fatto di lasciare i vecchi!)
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Chiedere il supporto delle maestre
Informare le maestre di scuola di questa fragilità proponendo di assegnare compiti in piccolo gruppo, che possano rappresentare occasioni di socializzazione.
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Allenarsi in semplici conversazioni
A casa fare qualche gioco di ruolo in cui allenarsi a semplici conversazioni (usando barbie, soldatini, animali…)
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Non farlo sentire “incompreso”
Raccontare al proprio figlio che anche a noi è capitato di aver avuto paura di essere rifiutati, sentimento assolutamente normale ma al contempo tollerabile e affrontabile.
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Leggere libri
Leggere insieme qualche libro o storia in cui il protagonista è un timidone, oppure – per i più grandi – la bibliografia di qualche personaggio famoso che da piccolo faticava a socializzare.
Lo scopo è quello di far sapere ai nostri cuccioli che non c’è nulla che non vada in loro e possono assolutamente fidarsi delle proprie risorse. Ripetiamogli spesso che sono bimbi piacevolissimi e in molti potrebbero volerli come amici.