Quando si ha un figlio schizzinoso a tavola, il problema non è tanto con il cibo, quanto con i sentimenti che il cibo provoca in lui.

I bambini “buongustai” in genere provano la sensazione che il cibo è interessante. Hanno fatto esperienza di piacevolezza quando sono stati nutriti, e portano con sé questa sensazione nei confronti della nutrizione.

Un figlio inappetente non ci rende la vita facile, ma è importante considerare il suo punto di vista: mangiare accende forti sentimenti in lui. Una consistenza cremosa, o vedere due alimenti che si mescolano nel piatto, o quando vede… il colore verde, sono cose che accendono le sue sensazioni.

Spesso è un mix di sentimenti forti, sensazioni di benessere o di malessere, che non riesce a tollerare. In altre parole, per questo tipo di bambini, piuttosto che essere un’esperienza interessante di tutti i giorni, ogni cibo è carico di emozioni positive e negative che sono esaltate da colori, consistenze, odori, e da come appare un cibo sul piatto.

Alcuni genitori credono di risolvere il problema insistendo sul fatto che “alcuni alimenti si mangiano”; altri nascondono alcuni ingredienti ritenuti “indispensabili” nel piatto dei figli, riducendole in farina o occultandole dentro altri alimenti (per esempio, i piselli dentro i maccheroni…), con l’intento di rendere un piatto nutriente.

Un errore ancora più grave è quello di far mangiare i bambini mentre sono distratti, mentre guardano la tv o leggono un libro, sperando che non si accorgano di quello che viene loro infilato in bocca.

Tutte queste tattiche possono portare a dei successi a breve termine, ma nessuno di loro faciliterà il rapporto del bambino con il cibo. Al contrario, favoriscono il mantenimento di quelle tensioni emotive che tengono lontano i bambini dal piacere per la buona tavola, e stressano i genitori.

Il cibo non è certamente solo una questione “fisiologica”, ma ha un grande, grandissimo valore emotivo: quando veniamo al mondo, tutte le nostre sensazioni ruotano intorno al contatto che proviamo con il nostro “caregiver” quando ci nutre e si prende cura di noi.

Come veniamo nutriti e come veniamo toccati segnano le basi della nostra personalità. Al di là del fatto che non siamo in grado di riscrivere la nostra storia, e che quel che è avvenuto ormai ci appartiene, possiamo fare in modo che il momento della nutrizione, fintanto che i nostri bambini sono piccoli, sia un momento di “comunicazione emotiva positiva”.

So bene che il momento del pasto (spesso quello serale, dato che molti bambini pranzano a scuola) è anche il momento di maggiore fatica per molti genitori, ma non trovo altro suggerimento che ricominciare dalla relazione, per sanare un momento di difficoltà sul cibo.

Nel prossimo articolo parleremo ancora dell’argomento.

Marcella Agnone – Psicologa Psicoterapeuta

foto: thenutritionpost.com