Questa era la stagione peggiore: i primi amori ci eccitavano, il profumo dei tigli ci illanguidiva e i ferormoni entravano in circolo.

Ma le giornate erano lunghe, troppo lunghe. Il sole non tramontava mai! Se in inverno era sufficiente aspettare le cinque di pomeriggio per fare le cosacce, in primavera trovare un riparo era davvero un problema: sole e luce non lasciavano scampo e rifugiarsi tra i campi non garantiva privacy né incolumità. La stagione calda portava anche dei vantaggi e se nei mesi freddi diventava indispensabile avere almeno un’ utilitaria dentro la quale sperimentare il sesso acrobatico – e mi piacerebbe condividere una riflessione sull’inopportunità del freno a mano in mezzo ai sedili – d’estate il motorino e una coperta da stendere sull’erba erano più che sufficienti. Persino ora che sono passati tanti anni, è sufficiente il profumo dell’erba tagliata e l’aria tiepida al tramonto per far tornare alla memoria emozioni che credevo dimenticate.

Bei tempi.

Gli adolescenti il sesso e l’amore oggi

Mentre scrivo, la mia adolescente e il suo ragazzo sono in camera. Funziona così: prima lei si assicura che ci siano abbastanza schifezze in dispensa, poi arriva il ragazzo, giocano un po’ col piccolo di casa e infine spariscono in camera.

Cosa fanno in camera?

Spero nulla. Non quando sono in casa io, almeno.

Una volta bussai alla porta ed entrai nella stanza di mia figlia senza attendere risposta. Li trovai seduti ai due capi del letto che giocavano a ruzzle.

La volta successiva, non ebbi alcuna risposta ed entrai lo stesso. Erano sotto il piumino, vestiti e profondamente addormentati.

La terza volta non c’è stata, ché non voglio sfidare la sorte.

Io e Cristina, la madre del ragazzo, siamo state amiche e compagne di classe per poi perderci di vista nell’età adulta. L’amore che i nostri figli provano l’uno per l’altra ci ha fatte reincontrare e adesso ci guardiamo negli occhi imbarazzate e sgomente.

“Ma ti ricordi?” chiede lei.

Si, mi ricordo. Nell’estate dei suoi sedici anni, il padre la sorprese seduta sul motorino assieme a un amico. L’uomo inchiodò, scese dall’auto, le andò incontro e la picchiò forte obbligandola a tornare a casa. Noi del gruppo rimanemmo amareggiati, ma non particolarmente stupiti.

Pudore e imbarazzo… addio. Meglio così?

“E adesso” continua Cristina “vedo i nosti figli arrivare sorridenti e sereni, scambiare qualche battuta con noi per poi dirigersi in camera da letto senza il minimo imbarazzo. Io e mio marito rimaniamo a guardarci attoniti senza sapere come affrontare la questione. La loro naturalezza ci spiazza, ma abbiamo paura che le nostre prerplesità finiscano per sporcare qualcosa che i ragazzi vivono con gioia e spontaneità.”

Capisco la mia amica. A me, bambina degli anni Settanta, era stato instillato un patologico senso del pudore che aveva avvelenato la mia già goffa vita sessuale. E non voglio nemmeno pensare ai rischi nascosti della promiscuità cui eravamo costretti: maniaci, guardoni, gravidanze indesiderate.

Quindi forse è meglio così. Meglio avere tolto ai nostri ragazzi quel velo di peccaminoso, di sbagliato, di condanna che intossicava la nostra vita sentimentale e sessuale.

“Ma non ti sembra che si perdano qualcosa?” Chiede ancora Cristina, poco convinta.

Si, forse si. Forse si perdono i tramonti, il languore di quelle serate. E il profumo inebriante dell’erba appena tagliata.