Dall’ Università dell’Australia del Sud arriva un’allarmante notizia in merito al “sonno dei bambini”. Dalla ricerca emerge un’evidenza figlia dei nostri tempi: i bambini dormono 73 minuti meno rispetto alle ore di sonno considerate necessarie. Sembrerebbe che la causa sia rintracciabile nell’uso/abuso di smartphone e tablet. Ancora una volta, i ritmi e gli usi della modernità sono da considerarsi fattori predisponenti all’insonnia, come evidente già da un articolo del 1894 del British medical journal, secondo il quale :

“la fretta e la tensione della vita moderna sono alla base dell’insonnia”

La fascia d’età più colpita è quella adolescenziale, quindi dai 16 ai 18 anni, nonchè quella più soggetta a bombardamento mediatico, che perderebbe ben 91 minuti di sonno al giorno.

Ma quali sono le conseguenze di questo fenomeno? Com’è facilmente intuibile, dormire meno comporta alcuni rischi, soprattutto quando si parla di bambini, vediamo quali:

  • aumentata irritabilità
  • diminuita capacità di apprendimento
  • stravolgimento degli equilibri ormonali
  • aumentato rischio di obesità

Alla luce di questi effetti sarebbe bene monitorare le ore di sonno dei nostri figli e consolidare delle regole che prevedano di andare a dormire almeno un’ora prima.

Sorprendentemente, i risultati della ricerca mettono in luce un’incidenza minore di questo fenomeno nei i bambini scandinavi, inglesi e austrialiani, a dispetto di quelli del resto d’Europa, America e Canada.

Da sottolineare è il fatto che questi 73 o 91 minuti in meno, non sono da rapportare alle vecchie 16 ore di sonno consigliate, ma alle 11 considerate oggi dai pediatri il numero necessario di ore di sonno al giorno per il bambino.

Come si evince, con il passare del tempo l’attenzione dedicata al riposo va sempre più diminuendo in una società che corre all’impazzata e in cui 24 ore non sono più sufficienti. Se questo è ormai il modus vivendi del mondo adulto, facciamo in modo che non lo diventi anche per i più piccoli, che di tempo per correre e affaticarsi ne hanno…

fonte:

life.wired.it