Il nostro concetto di amore può essere influenzato dai libri che abbiamo letto, dalle esperienze che abbiamo avuto e dagli incontri che abbiamo fatto… ma soprattutto è condizionato da un ormone che si chiama ossitocina. Esso è presente in tutte le nostre manifestazioni affettive, amorose e sessuali, che siamo maschi o femmine (ma di più nelle femmine).
Gli ormoni sono la trascrizione biochimica delle nostre emozioni e regolano i nostri comportamenti, oltre che una serie di riflessi corporei.

Essi sono in bilico tra anima e corpo, poiché possiamo associarli alle nostre pulsioni più profonde e ai sentimenti, ma sono anche intensamente fisici e possono determinare mutamenti profondi nel nostro corpo (dall’accelerazione del battito alle contrazioni uterine all’aumento della sudorazione alla dilatazione della pupilla…).  Ogni ormone ha, per così dire, un “lato fisico” (la reazione sull’organismo) ed un lato emotivo (l’effetto sul cervello e l’istintualità).

L’ossitocina, dicevamo, è l’ormone che determina in noi i comportamenti amorosi che la nostra specie ha selezionato, in milioni di anni, come maggiormente idonei alla nostra sopravvivenza. L’ossitocina ci induce a cercare il grande amore, a vivere in coppia, ad allevare il nostro cucciolo indifeso con tutta la nostra abnegazione e a stabilire con lui un legame molto forte, nel quale lui possa evolversi ed apprendere l’enorme quantità di nozioni che necessita per sopravvivere (i cuccioli umani hanno bisogno di un imprinting molto più complesso di ogni altro animale).

Non tutti gli animali, e nemmeno tutti i mammiferi, applicano questo modello alla vita amorosa né tantomeno all’accudimento della prole: ciò che fa la differenza tra noi e gli animali che tendono alla vita solitaria e i cui cuccioli si emancipano molto presto dalle madri, è proprio la produzione di ossitocina.

La natura ha stabilito che gli uomini sopravvivono meglio se legati da vincoli affettivi, e ha correlato al nostro ciclo riproduttivo l’amore, la tenerezza, la gratitudine, la dipendenza: il lato affettivo dell’ossitocina.

La natura ha previsto picchi di ossitocina nel momento del parto, per meglio promuovere l’attaccamento tra madre e figlio. Non solo:  ogni qual volta il bambino si attacca al capezzolo della madre, si scatena in lei una copiosa produzione di questo ormone dell’amore.  In natura, allattamento e attaccamento sono sinonimi.

Sia chiara una cosa. Noi umani siamo animali straordinari che abbiamo in molte cose superato la nostra natura grazie ad un cervello “moderno” che è in grado di elaborare l’istintualità. Ciò significa che una meravigliosa relazione tra mamma e bambino è perfettamente possibile anche in assenza di allattamento materno. Con questo mio articolo, desideravo farvi riflettere su “cosa c’è sotto” dal punto di vista evolutivo e biologico, e come la natura abbia lavorato per costruire un attaccamento che non ha eguali nel mondo animale e che ci dà una gratificazione profondissima. Le esperienze del parto naturale e dell’allattamento sono state elaborate per questo nel corso dell’evoluzione, ma ciò non toglie che ogni donna abbia il proprio modo di vivere la maternità e che i sensi dell’amore materno siano immodificati anche in presenza di esperienze diverse.

www.corsipreparto.com