Sono sulla metropolitana e sfoglio uno dei giornali gratuiti che vengono distribuiti nelle diverse stazioni. La mia attenzione si rivolge ad un articoletto in cui vengono riportati i dati di uno studio condotto da un gruppo di ricercatori dell’Università Bocconi su un campione di bambini fra i sette e gli undici anni, residenti in due cittadine della provincia milanese. La ricerca, finalizzata all’analisi del rapporto che si instaura fra bambini e marche

è stata condotta sulla base della richiesta di far creare loro pagine pubblicitarie, facendo collage a partire da un giornalino creato appositamente, con fumetti e pubblicità.

Mi rincuora il fatto che dai dati di questa ricerca emerga non tanto la constatazione che i nostri bambini siano “abituati a convivere con le marche”, quanto il fatto che siano in grado di dare ad esse un valore, e quindi non a subirle passivamente; che capiscano il messaggio implicito di ogni pubblicità.

Le parole dei bambini protagonisti di questa ricerca della Bocconi, riportate nell’articolo, mi lasciano invece parecchio amaro in bocca. Questi bambini affermano: “Abbiamo proposto offerte speciali perché vogliamo un mondo migliore in cui tutti possano permettersi un prodotto di marca”. L’articolo termina sottolineando che il brand è importante, ma poterlo condividere con gli altri lo è ancora di più.

Ora, lasciamo perdere tutte le riflessioni in merito alla predominanza attuale dell’apparire sull’essere, o anche la constatazione che se i nostri figli si sentono discriminati in relazione al possesso o meno di prodotti griffati è perché noi genitori per primi ne siamo protagonisti.

Accettiamo anche il discorso dell’importanza dell’ “appartenere” al gruppo da parte di pre-adolescenti, adolescenti e ragazzi; allora che cos’è che mi lascia tanto l’amaro in bocca? Forse è proprio l’equivalenza posta fra “un mondo migliore” e la possibilità di accesso ai brand da parte di tutti? E’ veramente proprio e solo questo ciò che i nostri figli voglio condividere coi coetanei, diciamo, meno fortunati di loro?

Immagine: silvianheachkids.it