Che cosa significa autostima? Qual’è il ruolo dell’autostima nella vita di un bambino? Quali comportamenti possono denunciare una carenza di autostima? Che cosa comporta tale carenza? A queste domande, e a molte altre, cerca di rispondere questo Speciale, interamente dedicato ad un aspetto molto importante nella vita e nella crescita di un bambino, ovvero il buon rapporto con sè stesso.
Come ci spiegherà Rita Bimbatti, autrice di questo Speciale, non bisogna confondere la parola “autostima” con “tendenza a primeggiare”. Attenzione, quindi, ai “modelli culturali finalizzati alla perfezione, che, oltre a stressare gli adulti”, rischiano di compromettere anche la serenità dei piccoli!
Articolo a cura di Rita Bimbatti. Infermiera laureata in Scienze dell’Educazione, Rita sta per specializzarsi in Sociologia e Politiche per la Salute. Ha già scritto per vari siti e riviste occupandosi in particolare di salute e di educazione.
Il concetto di autostima
Cosa significa “autostima”? Nell’accezione più comune vuol dire avere un buon rapporto con se stessi, accettarsi. Il che comporta non farsi condizionare dai giudizi altrui, non essere alla costante ricerca di consenso, avere la sicurezza necessaria per muoversi secondo le proprie inclinazioni, perdonarsi gli inevitabili errori di percorso, saper fronteggiare un fallimento e poter così ripartire senza problemi.
Se sul senso di autostima concordiamo più o meno tutti, l’iter attraverso cui si costruisce una felice relazione con se stessi varia però di età in età.
Il bombardamento di modelli culturali finalizzati alla perfezione, oltre a stressare gli adulti, inquina anche la vita dei più giovani: le statistiche denunciano un’incidenza in crescita di bambini già ossessionati dal voto a scuola, dalla loro immagine fisica, dall’ansia di prestazione in uno sport; nello stesso senso si parla con maggior frequenza di bambini depressi, demotivati, afflitti da emicranie o disturbi che tendono a cronicizzarsi.
E’ nella famiglia, nel rapporto con i genitori, che il bambino costruisce quella base sicura da cui scaturisce la stima di sé e la fiducia nelle proprie capacità. Ma è nel confronto con i coetanei che questa fiducia trova una vera conferma sociale.
Gli ambiti dell’autostima
In generale, è possibile considerare l’autostima dei bambini in quattro ambienti specifici:
- L’ambito sociale (o interpersonale) comprende i sentimenti del bambino riguardo a se stesso come amico di altri. Gli altri bambini lo trovano simpatico, apprezzano le sue idee, lo fanno partecipare alle attività? Si sente soddisfatto delle sue interazioni e del rapporto con i pari? Un bambino che sia riuscito a soddisfare i suoi bisogni di socialità si sentirà a proprio agio con questo aspetto di se stesso;
- L’ambito scolastico riguarda il valore che il bambino attribuisce a se stesso come studente. Questa autostima non è semplicemente una valutazione delle capacità e dei successi scolastici, è invece la misura in cui il bambino percepisce che è bravo quanto basta. Se riesce a raggiungere i suoi standard di successo scolastico (e naturalmente questi standard sono modellati dalla famiglia, dai compagni e dalle insegnanti) allora la sua autostima scolastica sarà positiva;
- L’autostima familiare riveste i vissuti che il bambino prova come membro della sua famiglia. Un bambino che sente di essere un membro apprezzato della sua famiglia, che si sente certo dell’amore dei suoi genitori e dei suoi fratelli avrà un’autostima altamente positiva in questo ambito;
- L’autostima corporea è una combinazione di aspetto fisico e di capacità. Essa consiste nella soddisfazione che il bambino prova rispetto al modo in cui il suo corpo appare alle prestazioni che riesce ad ottenere.
Stili educativi e ruolo dell’autostima
Qual è il vostro stile educativo? Quali sono i comportamenti di vostro figlio? Quali vorreste che fossero i suoi comportamenti? Qual è un suo comportamento che vi sta preoccupando, che non vi piace e che vi fa sentire impotenti? Quando lo manifesta? Come reagisco io? Con la crescita dei figli diventa sempre più necessario essere in grado di negoziare con l’altro, per cui il vostro stile educativo può rappresentare una traccia con cui muovervi, non una gabbia dorata in cui rinchiudervi.
Variabili Psicologiche che si intersecano | Stile educativo | Comportamento dei figli |
AFFETTO-CONTROLLO | IPERPROTETTIVO (protezione, indulgenza) | Sottomissione, mancanza di creatività, dipendenza, buone maniere, scarsa aggressività, obbedienza, nessuna amicizia, conformismo, rispetto delle regole senza discussione |
AFFETTO-AUTOSTIMA | AUTOREVOLE (fiducia, rassicurazione, cooperazione) | Attività, creatività, indipendenza, buon adattamento sociale, aggressività moderata e funzionale alla propria realizzazione, nessuna costrizione alle regole, numerose amicizie,nessuna ostilità proiettiva, maturità, crescita autostima |
OSTILITA’-CONTROLLO | AUTORITARIO-RESTRITTIVO (esigenza, antagonismo, critica, conferma) | Problemi nevrotici, numerose dispute con i pari, timidezza, rinuncia all’interazione sociale, incapacità ad assumere un ruolo adulto, autoaggressione, bassa autostima |
OSTILITA’-AUTONOMIA | SEVERO-ARBITRARIO (negligenza, trascuratezza, indifferenza) | Delinquenza, anticonformismo, massima aggressività, bassa autostima |
Come rendere il bambino più sicuro di sè ed accrescere la sua autostima
Condizionati da una cultura che ci vuole tutti speciali per emergere, finiamo col confondere la parola “autostima” con “tendenza a primeggiare”. Come se chi non ama farsi notare dovesse per forza essere un perdente. C’è chi è nato per fare il leader, l’attore o il comunicatore e chi per fare il ricercatore, l’artista, il letterato. Intelligenza, sensibilità, capacità di raggiungere i propri obiettivi sono doti comuni a entrambe le categorie.
Ecco alcuni consigli:
- Non giudichiamo nostro figlio. Ricordiamo che forse lo stiamo osservando con uno sguardo statico che non tiene conto della “mutevolezza” intrinseca della gioventù.
- Non guardiamo nostro figlio con gli occhi del passato. Ogni bambino è diverso dall’altro. Crescerlo secondo schemi prestabiliti e universali significa ostacolare la crescita del suo “seme”.
- Smettiamo di ripetere sempre le stessi frasi: “Sii più coraggioso”, “Datti da fare”, “Non avere paura…”: così lo rendiamo solo più titubante.
- Evitiamo esempi che lo umilino. “Tuo fratello non è così…”, “Se ci fosse il tuo amico al tuo posto…”
- Osserviamo i suoi comportamenti dalla giusta distanza. Così ci accorgeremo che nostro figlio con le sue indecisioni cresce costruendo “mondi” tutti suoi.
Essere bambini, quindi, non vuol dire essere incompleti, piccoli adulti imperfetti. Non c’è nulla da correggere nell’essere bambini. Considerare l’infanzia solo una fase di allenamento per la vita adulta, pianificare attività per costruire il loro futuro vuol dire soffocare in loro tutte le caratteristiche specifiche del “pensiero bambino”: spontaneità, assenza di filtri morali, curiosità, attenzione alla dimensione “magica” e intuitiva.
I bambini non ci chiedono di vivere per loro, ma di essere d’esempio “vivendo per noi stessi”, ossia di far fruttare prima di tutto i nostri talenti, esprimendo al meglio la nostra gioia di vivere, un bene che non si esaurisce con l’uso, ma al contrario si moltiplica. Viceversa metterli su un piedistallo, al centro di tutto, li carica di doveri. Vivranno nella paura di deluderci. Coltiviamo allora i nostri interessi, le nostre passioni, ovunque esse ci portino. Meglio un genitore che dedica una sera in meno ai figli ma che ha una buona autostima, e quindi costituisce un buon modello di vita, che un frustrato che riversa inutili e ossessive attenzioni sui figli.
E magari, invece che a imparare la terza lingua, portatelo semplicemente al parco: avrete senz’altro un bambino più felice.